Manual de Terapia Miofuncional
Manual de Terapia Miofuncional
DIANA V. MARTINEZ F.
FISIOTERAPISTA
P. M 098963E1002
L.24412007 ART. I C096-117
Manuale pnatico
di Tenapia Miofunzionale
Un aiuto alla posturologia,
alla odontoiatria e ad altre specialità.
lnfluenza della terapia della
deglutizione sui problemi posturali.
Cap. III Effetti della deglutizione scoffetta su organi ed apparati .....'........ pag. 11
Cap. V Il trattamento della deglutizione scoffetta e dello squilibrio muscolare associato pag. 19
Cap. VIII Esercizi per la muscolatura masticatoria e per la rieducazione delle N|M..... pag. 45
Cap. XVII Dizionario dei termini di pertinenza del terapista miofunzionale ............ ........ pag. 103
Ca.prror,o I
Lo sviluppo della bocca e delle strutture ad essa conelate è molto precoce e già si possono n-
scontrare i primi segni della comparsa della futura bocca nell'embrione di quattro settimane. A pafiire
da questa epoca si ha un tumultuoso accrescersi delle strutture oro-facciali primordiali e tra la quarla e
la settima settimana l'abbozzo del capo si va definendo in maniera chiara.
A questo punto della vita intrauterina gii occhi vanno assumendo la loro posizione definitiva sul-
la superficie anteriore del capo; erano partiti da una posizione laterale corrispondente a quella che nel
neonato è la posizione delle orecchie, ma, per I'accrescimento delle strutture che si trovano posterior-
mente, essi vengono ad assumere una posizione più centrale, per cui sembra che abbiano avuto un mo-
vimento migratorio verso il centro del capo.
Contemporaneamente, avvengono delle trasformazioni a livello del futuro massiccio facciale
con la distinzione della mandibola e dei mascellari superiori, che mandano le loro propaggini ad ar-
ticolarsi con le ossa frontali e zigomatiche. Anche alf interno della futura bocca si vengono a deli-
neare le superfici orrzzontah dei processi palatini, che si fonderanno soltanto in epoca successiva.
Ricordiamo che lo stomodeo, che costituisce la bocca primordiale, per il processo di differen-
ziazione delle strutture circostanti, a fine crescita viene a situarsi a livello dei pilastri faringei.
Struttura di fondamentale importanza, durante la quarta settimana di vita intrauterina e nelle set-
timane successive, è l'apparato branchiale. L'avvicinarsi dell'ectoderma all'entoderma delf intestino
faringeo con f interposizione di tessuto mesodermico porta alla differenziazione di cinque archi
branchiali delimitati da quattro tasche. Da tali strutture prendono origine ossa, muscoli, nervi e for-
mazioni ghiandolari.
Dal primo arco hanno origine le ossa mascellari, la mandibola, g1i ossicini dell'udito, ma anche
la muscolatura masticatoria e la parte anteriore della lingua.
La muscolatura mimica invece prende origine dal secondo arco branchiale, che con rl terzo e
quarto arco contribuisce anche alla formazione della parte posteriore della lingua.
Innervazione
I-itnnervazione plurima della lingua risente della sua formazione multibranchiale così avremo
che i due terzi anteriori ricevono I'innervazione sensoriale generale dal V paio (trigemino) e quella
speciale gustativa dal VII (facciale) (papille fungiformi), il terzo posteriore la sensibilità sia genera-
le che gustativa dal IX (glossofaringeo) (papille vallate e foliate); la sensibilità della base linguale fa
capo al X (vago). La motilità della lingua proviene dal XII paio di nervi cranici (ipoglosso).
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
Muscolatura linguale
I muscoli della lingua si distinguono in intrinseci ed estrinseci. I primi non si inseriscono a ca-
pi ossei, ma hanno il loro sviluppo esclusivamente all'interno della sttuttura linguale. Gli estrinseci
hanno una inserzione ossea ed un capo nella stntttura linguale.
Muscolatura mimica
I muscoliche più interessano sono:
M. Buccinatore. Schiaccia le guance contro le arcate dentarie.
M. Orbicolare del labbro. Con la sua contrazione permette il sigillo labiale.
M. Mentoniero. Protrtde il labbro inferiore.
Muscolatura masticatoria
M. Temporale. È un muscolo di aspetto triangolare che si origina dalla cresta temporale e si in-
serisce al processo coronoide ed al ramo della mandibola. Si possono riconoscere tre capi:
M. Pterigoideo intemo (mediate). Origina dalla fossa pterigoidea dello sfenoide, dall'osso pala-
tino e dalla tuberosità mascellare e si inserisce alla superficie interna del ramo e dell'angolo mandi-
bolare. Eleva e protrude la mandibola. Nella conffazione monolaterale contribuisce alla deviazione
c ontrolaterale de11a mandibola.
M. Pterigoideo esterno (laterale). I1 capo superiore si origina da1la superficie esterna della gran-
de ala dello sfenoide e dalla cresta infra-temporale; i1 capo inferiore dalla superficie laterale della la-
mina pterigoidea laterale. Entrambi si inseriscono alla depressione esistente sulla parte anteriore del
condilo mandibolare e sul margine anteriore del disco articolare presente nell'articolazione temporo-
mandibolare.
La confrazione bilaterale del capo inferiore protrude la mandibola, la contrazione monolaterale
pofta la mandibola verso il lato opposto.
M. Masseter". il composto da due capi muscolari; entrambi vanno dal processo zigomatico deL
mascellare al ramo mandibolare, eleva la mandibola.
I seguenti muscoli:
M. Palatini
Tensore del velo palatino
Elevatore del velo palatino
M. Sovrajoidei
Digastrico ( capo anteriore )
Milojoideo
Stilojoideo
Geniojoideo
sono muscoli abbassatori de1la mandibola e quindi antagonisti dei muscoli elevatori precedentemen-
te descritti.
Muscolatura faringea
Satpingofaringeo (dalla tuba alla parete faringea, costringe la tuba durante la deglutizione)'
Palatofaringeo (.dall'aponevrosi del palato moile alia cartilagine posteriore tiroidea, restringe le
fauci).
Stitofaringeo (dal processo stiloideo al margine posteriore de1la cartilagine tiroide e alla parete
postero-laterale del faringe, eleva faringe e laringe).
Costrittore superiore (dalla lamina pterigoidea mediale e dal rafe mandibolare al tubercolo fa-
ringeo e al rafe faringeo).
Costrittore medio (dai corni joidei al rafe faringeo).
Costrittore inferiore (dalle cartilagini cricoidea e tiroidea al rafe faringeo).
I tre costrittori contraendosi in sequenza hanno la funzione di sospingere il bolo verso l'esofago.
Capnolo II
La deglutizione è un atto quanto mai complesso, che richiede, per potersi espletare corretta-
mente, l'intervento di una molteplicità di elementi partecipanti che vengono ad attivarsi in maniera
sequenziale.
È indispensabile quindi che I'organismo umano sia in grado, immediatamente dopo la nascita,
di poter effettuare un atto deglutitorio completo, in mancanza del qlale la vita verrebbe immediata-
mente a spegnersi a meno di un intervento terapeutico immediato. E per questo motivo che il feto si
prepara con grande scrupolo a questa sua indispensabile attività postnatale già a partire dal quarto
mese di vita intrauterina. Non è infrequente il riscontro, durante un controllo ecografico, di un feto
che si succhia il dito. Ma la deglutizione, nella sua complessità, richiede un perfezionamento che por-
ti all'instaurazione di un engramma cerebrale, che poi si manterrà per tutta la vita (a meno che non
sopravvengano circostanze esterne modificanti); perché il meccanismo venga perfettamente recepi-
to occor:rono circa sei mesi. Durante questo periodo il neonato è sensibile a spinte esterne di molte-
plici origini e che sono in grado di deviare il recepimento del meccanismo da parte de1l'encefalo, fi-
no alf instaurarsi di una deglutizione francamente scorretta.
Abbiamo visto nel capitolo precedente quali siano i muscoli interessati al movimento che porta
alla ingestione degli alimenti; andiamo ora ad anahzzare il movimento stesso nelle sue fasi succes-
sive.
Il meccanismo della deglutizione è basato, come abbiamo detto in precedenza, sul susseguirsi di
una serie di contrazioni muscolari che avvengono in modo coordinato e conseguenziale, tali da far sì
che il bolo alimentare, una volta raccolto sulla parte dorsale della lingua, inizi il suo cammino verso
1'apparato digerente.
Vengono così distinte una fase di preparazione del bolo, che si forma con la funzione della mu-
scolatura intrinseca ed estrinseca della lingua e di quella delle guance, e tre fasi della deglutizione
propriamente detta.
La prima fase, detta pure fase orale, è completamente consapevole e volontaria ed è quella più fa-
cilmente modificabile con una rieducazione adeguata.La lingua parte da una posizione "neutra" o di
riposo (collegata alla rest position mandibolare) dove, per 1'equilibrio presente tra muscoli protrusori
e retrusori, elevatori ed abbassatori, il corpo linguale assume una postura non oizzontale, ma legger-
mente obliqua, con direzione dall'alto in basso e antero-posteriore (mesio-distale) (Fig. 1). Da questa
posizione, in cui la punta della lingua viene a toccare leggermente il palato nella regione centrale subi-
to al di dietro della papilla interincisiva, mentre un solco si scava progressivamente sulla superficie dor-
sale della lingua, inrzia un movimento di schiacciamento progressivo del corpo linguale al di sotto del-
Manuale pratico tli Terapia Míofunzionale
del palato e soprattutto una mancanza di spinta del cibo verso la gola. Il cibo anzi verrebbe, seguen-
do il movimento linguale, buttato fuori della bocca se non subentrasse la contrazione delle labbra e
specialmente delle guance, che sono le massime responsabili della deformazione del palato. Que-
st'ultimo infatti viene a subire una pressione diretta dall'esterno all'interno della bocca, che non vie-
ne bilanciata dalla pressione esercitata dalla lingua che, nella deglutizione scorretta, non supporta af-
tatto il palato. Ciò provoca un restringimento di questo a livello delle regioni laterali ed un suo con-
temporaneo innalzamento nelle cavità nasali che risultano ristrette, determinando pure una deviazio-
ne de1 setto nasale che, programmato dal1a natura per essere di una determinatahnghezza, si deve
adattare a svilupparsi in uno spazio minore".
I danni causati da una deglutizione scorretta non si esauriscono a livello orale, ma interessano
eitn organi ed apparati, che vengono variamente colpiti.
L apparato più intimamente coinvolto è quello respiratorio. Gli squilibri muscolari, come ab-
biamo visto, determinano anomalie di forma del palato che si introflette nelle cavità nasali divenen-
do stretto e alto (il cosiddetto palato ogivale) e ciò determina, come abbiamo visto nel precedente ca-
pitolo, una diminuzione dello spazio aereo disponibile. Uaumento della resistenza al passaggio del-
l'ana che ne consegue, favorisce una respirazione prevalentemente orale, instaurando un circolo vi-
zioso che peggiora sempre più la situazione. Il palato ristretto condiziona infatti una difficoltà della
lin_eua a sollevarsi al di sotto di esso, per una incongruità progressivamente crescente tra grandezza
della lingua stessa e diametro dell'arcata dentaria superiore. La postura bassa della lingua che ne con-
>egue e la sua alterata funzione tendono a favorire ancora di più la respirazione orale e la pressione
de lle guance, che reiterano I'effetto compressivo sul palato durante ogni atto deglutitorio.
Quando si respira con la bocca, il muco che si forma nei seni paranasali tende a ristagnare, non
:ssendo asportato dal flusso d'aria, e ciò induce un aumento di volume delle adenoidi, che sono co-
>rrette ad un maggior carico di lavoro; quindi si tratta di solito di adenoidi soltanto più voluminose
Jel normale e non infiammate. Lo stesso può capitare alle tonsille che anch'esse sono soggette ad un
lavoro maggiore, essendo la maggior parte dell'aria convogliata nel cavo orale, dove il filtro è costi-
ruito proprio dal tessuto tonsillare.
La pressione positiva che viene a crearsi nel cavo faringeo durante l'atto deglutitorio determina
rnsestione di aria (la così detta aerofagia), tendenza al "colon irritabile", sensazione dt rrprenezza,
.-he porta il bambino ad interrompere il pasto, salvo poi aver fame dopo poco tempo, ma avvertendo
di nuovo, dopo pochi bocconi una sensazione di sazietà. Alla sensazione di distensione addominale
si accompagnano frequentemente eruttazioni e flatulenze per I'eliminazione del gas in eccesso.
Anche la masticazione è alterata, spesso lenta, stentata, a causa dell'iperlavoro dei masseteri che
partecipano in maniera impropria alla deglutizione. Caratteristica è la frequente antipatia per la car-
ne. per il fatto che richiede una masticazione accurata, masticazione che il paziente, dato lo squili-
brio esistente nella sua muscolatura orale e periorale, trova faticoso atttare, preferendo f ingestione
di sostanze più morbide o che richiedano meno sforzo masticatorio. In altri casi il paziente tende ad
ingoiare il cibo velocemente, senza quasi masticarlo.
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Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
Uingestione di aria è anche responsabile, nei primi mesi di vita, delle coliche gassose di fre-
quente riscontro durante l'allattamento con metodiche artificiali.
Il bambino che ingoia male è spesso affetto da otiti, inizialmente catamali, che successivamen-
te possono divenire purulente; esse sono frequenti soprattutto nella prima infanzia ed anche per esse
si è voluta ricercare la causa nella pressione positiva che potrebbe determinare un'inversione del flus-
so dei secreti presenti nell'orecchio medio e nelle tube di Eustachio, secreti che, anziché essere aspi-
rati e drenati nel cavo faringeo durante l'atto deglutitorio (spremuti per così dire dalla contrazione
dei muscolo salpingo-faringeo), verrebbero a ristagnare alf interno della tuba e dell'orecchio.
eue-
sta ipotesi patogenetica è avvalorata clinicamente dagli innumerevoli miglioramenti delle audiome-
trie di bambini dopo la rieducazione miofunzionaie.
La stessa variazione di pressione aerea alf interno dell'orecchio è stata presa in considerazione
per spiegare i miglioramenti o la scomparsa spesso completa degli acufeni, patologia conelata in pas-
sato prima con problematiche circolatorie e poi anche con malposizioni mandibolari.
Secondo le ipotesi più recenti, confortate appunto dai miglioramenti ottenuti con un trattamen-
to miofunzionale, la genesi degli acufeni sarebbe legata alle vartazioni pressorie. In condizioni nor-
mali i suoni, come sappiamo, vengono trasmessi come vibrazioni dalla membrana timpanica a quel-
la della chiocciola attraverso la messa in risonanza degli ossicini dell'orecchio fino alla staffaìhe,
appoggiata sulla membrana cocleare, trasmette le vlbrazioni al liquido alf interno di questa, provo-
cando la comparsa di onde che vanno a stimolare le cellule del Corti, indovate nella sua parete.
eui
lo stimolo meccanico viene trasformato e inviato all'encefalo.
Alterazioni della pressione aerea darebbero luogo, soprattutto durante l'atto deglutitorio, ad una
compressione della membrana cocleare, producendo onde che verrebbero percepite come un suono
vago e fastidioso.
Anche il lavoro dello specialista del linguaggio risente quasi sempre in maniera impressionante
del miglioramento delle capacità della lingua e delle labbra che seguono ad un trattamento miofun-
zionale, Ne1la stragrande maggioranza dei casi il trattamento logopedico può divenire addirittura su-
perfluo dopo la rieducazione miofunzionale dimostrando che, una volta che la muscolatura è in gra-
do di lavorare, il cervello sarà in grado di far sì che f input inviato possa dare effetti idonei, nonot-
tenibili senza una corretta funzione muscolare.
Un ambito in cui è parimenti coinvolta la rieducazione miofunzionale è quello che riguarda i
problemi dell'occhio, occhio visto non solo come capacità visiva, ma anche e soprattutto come fun-
zione di messa a fuoco binoculare.
Innumerevoli sono i pazienti che, a fianco di una deglutizione scorretta, presentano problemi di
forie, strabismi conclamati, o più semplicemente di stanchezza oculare.In molti casi abbiamo potu-
to accertare miglioramenti della coordinazione oculare e della motilità oculare in genere, scomparsa
di "occhio pigro" e strabismi, ma anche miglioramenti del visus con scomparsa di miopie e iperme-
tropie in pazienti giovani a seguito di una rieducazione muscolare oro-facciale.
La spiegazione risiede nel fatto che il mascellare, oltre a costituire il palato, fornisce anche il pa-
vimento all'orbita. Un palato ristretto si accompagnerà quindi, molto frequentemente ad un'orbita ri-
stretta e le cui suture mostrano poca o scarsa mobilità, con la conseguenza che I'occhio è costretto
ad adattarsi in uno spazio che presenta un diametro latero-laterale ristretto rispetto alle esigenze di
sfericità de1l'occhio, che è costretto ad allungarsi per adattarsi alle disponibilità di spazio. Un recu-
pero di ampiezza del diametro permetterà all'occhio di riacquistare sfericità e formazione dell'im-
magine a livello retinico. Può inoltre essere coinvolto anche un altro meccanismo, derivante dalle va-
riaziont di stimolazione del muscolo ciliare conseguenti alle compressioni dei nervi cervicali dovute
l2
Effetti della deglutizione scorretta su organi ed apparati
alle anomalie di postura.La stessa rrstrettezza deil'orbita può spiegare pure le difficoltà di funziona-
mento dei muscoli estrinseci che vengono a perdere l'equilibrio indispensabile per la visione bino-
culare senza sforzo.
Ci sono poi due ambiti, che non verrebbero mai avvicinati ad una deglutizione scorretta, ma che,
nelle ricerche portate avanti nel nostro Centro di Cava dei Tirreni, si sono dimostrati estremamente
influenzati dalle patologie della deglutizione.
Le problematiche posturali sono spesso intimamente legate a squilibri della muscolatura oro-
lacciale e gli studi delle catene muscolari ci hanno dato una mano nello spiegare le modalità di inte-
grazione funzionale delle varie strutture corporee che partecipano alla instaurazione di atteggiamen-
ti posturali sconetti.
Basti pensare che fino a pochi anni fa gli ortopedici affermavano che le scoliosi "idiopatiche"
erano circal'807o, mentre oggi questo numero si è drasticamente ridotto gtazie all'esame posturale
dr pazienti prima, durante e dopo un trattamento miofunzionale. Ricordiamo soltanto che la catena
muscolare antero-mediana trova la sua origine a livello della base cranica proprio a livello della in-
serzione dei muscoli linguali. Tale catena coinvolge, tra gli altri, i muscoli della superficie mediale
della coscia e della gamba fino all'alluce. Esistono molte persone, anche atleti professionisti, curate
impropriamente con approcci di tipo kiropratico o fisioterapico, che potrebbero ricevere molti più
benefici da una rieducazione della muscolatura oro-facciale e della deglutizione.
11 secondo ambito è quello dei problemi di ciclo mestruale che affliggono spesso donne giovant
o adulte che presentino una deglutizione scorretta. I primi studi sull'argomento sono stati condotti in
Messico su una popolazione di giovani che dovevano praticare un trattamento ortodontico. Si è po-
tuto constatare un miglioramento o un ripristino di una situazione fisiologica in oltre 11707o delle pa-
ztenti che avevano praticato la correzione della deglutizione attraverso la Terapia Miofunzionale al-
lo scopo di migliorare i risultati ortodontici.
Ci è capitato di trattare nel nostro Centro donne adulte con problemi di fertilità che, seguite per
problemi di squilibri muscolari oro-facciali, si sono ritrovate gravide dopo anni di tentativi e di cure
ormonali privi di risultati. Stimolati da queste esperienze stiamo portando avanti una ricerca accura-
ta, che prenda in considerazione sia i livelli ormonali che le possibili implicazioni di natura osteopa-
tica e speriamo al più presto di poter portare un nostro contributo scientifico alla comprensione del
fenomeno.
IJ
Caprrolo IV
Per la trattazione di questo capitolo ci siamo avvalsi del supporto del "Manuale pratico del te-
:rpista miofunzionale", scritto da Daniel Gàrliner oltre venti anni fa, e in alcuni punti abbiamo ad-
.--nttura riportato una traduzione quasi letterale del testo per non alterarne i significati, ma ci siamo
-:-r conto che, per lunatrattazione completa dell'argomento, fosse importante conoscere I'anatomia
- iìsiologia delle strutture cellulari verso le quali è indrizzato il lavoro del Terapista, le fibre mu-
'r
-:,rlari.
Prima di addentrarci nel trattamento specifico bisogna quindi ptnttahzzare alcuni concetti ge-
:.:rali. Una trascuratezza dei princìpi fisici del funzionamento dei muscoli potrebbe ingenerare esiti
.:iumatici per la muscolatura stessa con spasmi o danneggiamento delle fibre.
Inoltre, un programma terapeuttco ttllizzato in modo improprio può essere causa di aggrava-
.riento della sintomatologia dolorosa che il paziente presenta. E perciò indispensabile che il terapista,
.rrme abbiamo detto prima, conosca I'anatomia delle fibre muscolari e i meccanismi che ne gover-
-.rno il iisiologico movimento.
Da tale conoscenza il terapista può trarre un enorme aiuto nel determinare l'utilità dei vari eser-
-zr e nelf impostare un programma di trattamento completamente personalizzato.
Il corpo umano comprende ben 639 muscoli nei quali sono contenute circa sei miliardi di
.lbre muscolari. Esse sono organrzzate in tre classi fondamentali: fibre striate, fibre lisce, fibre
-.rrdiache. Lalocalizzazione topografica di queste fibre risponde alla domanda di movimento delle
',;rie strutture corporee. Di conseguenza, 1l ttpo e la localizzazrone delle fibre muscolari deter-
.ninano i limiti e le caratteristiche della risposta miogena.
Un prerequisito della masticazione, della deglutizione e dell'articolazione del linguaggio è la ca-
:ecità di variare il livello di velocità e di contrazione muscolare sotto controllo volontario.
Dal momento che le fibre muscolari lisce e cardiache sono caratterizzate da attività involonta-
-rr. necessario che nei processi miofunzionali vengano ttThzzate soltanto fibre striate. Le fibre
è
.triate sono infatti deputate all'espletamento delle funzioni volontarie dell'organismo. Esse hanno di-
-:rensioni comprese tra 1 e 120 mm in lunghezza e tÍa 0,01 e 0,1 mm in diametro.
Le fibre muscolari sono multinucleate e composte di innumerevoli filamenti chiamati miofibril-
-e . Nella muscolatura striata, se la lunghezza del muscolo supera quella della fibra, le fibre sono col-
-.sate le une alle altre, ma in ogni caso sono entità funzionali autonome. Il caratteristico aspetto del
r:-\suto muscolare striato è dovuto alla membrana striata della fibra (sarcolemma).
Le fibre muscolari sono incluse in un protoplasma specialtzzato detto sarcoplasma e circondate
dr lipidi. L'aspetto del sarcolemma dipende dalla concentrazione delle miofibrille.
15
Manuale pratico dí Terapía Miofunzionale
Mentre il tipo di fibra muscolare determina molti aspetti della risposta miogena, l'organrzzazio-
ne architetturale delle fibre muscolari è responsabile della contrazione muscolare.
I1 tipo di contrazione del tessuto muscolare dipende da due specie di proteine filamentose: acti-
na e miosina. Le molecole di miosina interagiscono con I'actina, formando legami crociati tempora-
nei e la contrazione muscolare dipende direttamente dai movimenti dei filamenti. Quando il tessuto
è stirato i filamenti sono spinti verso l'esterno.
Llinizio della contrazione dell'actimiosina all'interno della miofibrilla è attivato dalia presenza
dall'adenosin-trifosfato (ATP); questo composto è uttlizzato in tutto il corpo come sorgente imme-
diata di energia. Poiché la richiesta energetica dell'organismo è enorme è necessario avere a dispo-
sizione ingenti quantità di ATP. Questo si origina da processi chimici che coinvolgono la fosfocrea-
tina ed il glicogeno muscolare che vengono entrambi trasformati in adenosin-trifosfato con un mec-
canismo anaerobio.
Mentre la fosfocreatina viene però prontamente scissa in ATP, il glicogeno dà origine ad un re-
siduo, I'acido lattico. Una grande quantità di quest'ultimo è presente ne1 muscolo affaticato e deve
perciò essere riciclato in glicogeno.
La contrazione dell'actimiosina alf interno delle miofibrille è regolata da quattro proprietà di ba-
se: irritabilità, estensibilità, elasticità, contrattilità.
L irritabitità è la capacità del muscolo di rispondere ad un impulso proveniente dal sistema ner-
voso attraverso una fibra efferente. La fibra muscolare che non sia in grado di rispondere ad uno sti-
molo nervoso viene definita paralizzata.
L estensibilità è invece la capacità dei muscolo di tendersi o di essere stirato.
È dimostrato che un muscolo può essere allungato fino a sei volte o più la sua lunghezzatniziale
prima che subentri un danno alle fibre che lo compongono.
Il termine elasticità si riferisce alla capacità della fibra muscolare di tornare alla forma origina-
le alla rimozione di una forza tensiva.
La contrattilità è la capacità del muscolo di cambiare la sua forma diventando più corto e ri-
gonfio.
La confrazione muscolare può essere di due tipi: isometrica e isotonica.
La contrazione isometrica avvrene con i gruppi muscolari che si contraggono allo stesso grado
e senza accorciamento delle fibre. In tale tipo di contrazione esiste soltanto una piccolissima quanti-
tà di movimento. È il caso della contrazione dei muscoli deputati al controllo posturale.
Al contrario, la contrazione è isotonica quando un gruppo muscolare esercita una notevole quan-
tità di forza non contrastata da una risposta uguale del gruppo muscolare antagonista. E carattenzzata
quindi da movimento.
La forza muscolare è governata da paramentri meccanici ed anatomici, la resistenza muscolare
da limitazioni fisiologiche.
La conúazione delle fibre della muscolatura striata si esplica attraverso il principio della "gra-
duazione della forza applicata". Le richieste di azione sono compensate con i1 necessario livello di
contrazione delle fibre muscolari.
Esistono due tipi fondamentali di risposta muscolate'.la"somma di risposta delle unità motrici"
e la'o sommatoria di onda" .
Nel primo caso il grado diforzacontrattile è determinato dal numero di fibre coinvolto e dal nu-
mero di contrazioni per secondo in ogni fibra.
Nella sommatoda di onda il grado di tensione in ogni fibra è determinato dall'intervallo di tem-
po intercorente tra le contrazioni muscolari.
t6
Basi di fisiologia muscolare
Se una nuova contrazione sopravviene prima che la precedente si sia esaurita, verrà aggiunta una
ulteriore tensione di contrazione. Così, mentre una contrazione debole è caratterrzzata da una fibra
stimolata una o poche volte per secondo, una contrazione più forte è prodotta da più contrazioni che
si succedono rapidamente, per giungere fino alla contrazione tetanica, dove lo spasmo è dovuto ad
tna contrazione praticamente continua.
Molto altro ci sarebbe da dire, ma esulerebbe dagli scopi di questo manuale; per un approfondi-
mento dell'argomento si rimanda quindi a testi di fisiologia generale.
n
C.q.prror,o V
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Manuale pratìco di Terapia Mìofunzionale
Non dimentichiamo infatti che I'obiettivo principale del nostro trattamento non è, come a vol-
te con superficialità si pensa, il miglioramento di carattere estetico o la possibilità di evitare un ap-
parecchio ortodontico, bensì il cambiamento funzionale, stabile nel tempo e tale non soltanto da aiu-
tare a coneggere problemi presenti, ma soprattutto da essere in grado di prevenire I'insorgen za di pa-
tologie future collegate a squilibri della muscolatura oro-facciale.
È indubbio tuttavia che in alcuni casi, lavorando sui pazrentrin periodi antecedenti al loro acme
di sviluppo fisico, si riesca ad ottenere risultati importanti anche sotto I'aspetto del miglioramento
estetico e che, a volte, per alcuni tipi di patologie ortodontiche, dopo la rieducazione, si ritenga or-
mai inutile l'utthzzo di un apparecchio di corezione.
Il trattamento miofunzionale è comunque sempre imperniato su tre fasi distinte che vanno per-
corse in un ordine preciso.
Si inizia con una fase propriamente fisioterapica, durante la quale i vari gruppi muscolari ven-
gono a mano a mano messi in condizione di funzionare in modo regolare. Durante questo periodo
non bisogna mancare di controllare che, se erano presenti abitudini vtziate, devono essere state com-
pletamente debellate. È impossibile infatti pensare che un paziente possa recuperare la sua funzione
linguale, ad esempio, mentre continua a succhiare il pollice, e così pure se beve, come capita di so-
vente anche a bambini di sei anni e più, ancora il latte con il biberon, anche se lo fa per pochi minu-
ti una unica volta al giorno.
Il riequilibrio muscolare, che si va ottenendo con 1'esercizio costante giornaliero, pofta in gene-
re, quasi immancabilmente, i primi miglioramenti di carattere posturale, che sono facilmente riscon-
trati anche dai genitori (basta renderli consci di ciò che si può ottenere) nel giro di pochissime setti-
mane.
Durante questa fase, i muscoli vanno rieducati con incrementi costanti del numero e della diffi-
coltà degli esercizi proposti, ma sempre in accordo con le capacità dello specifico paziente, cercan-
do di non standardizzare il trattamento per comodità del terapista.
A questa fase fa seguito quella di insegnamento delle modalità di una corretta deglutizione sia
dei solidi che dei liquidi, che in circa un mese porterà ad ottenere un movimento quasi perfetto.
Molti tipi di rieducazione si fermano a questo punto, quando cioè il paziente è in grado di in-
goiare bene. Non c'è niente di più sbagliato! Nel giro di pochi mesi il paziente perderà tutti i bene-
fici ottenuti in precedenza per una mancanza dr controllo della funzione automatica. È vero infatti
che il soggetto, dopo queste due prime fasi della terapia è in grado di ingoiare conettamente, ma è
altlettanto vero che ingoierà bene soltanto mentre esegue gli esercizi, cioè un numero di volte estre-
mamente esiguo rispetto al numero di deglutizioni giornaliere, il cervello per tutto il resto del tempo
continuerà ad utllizzare la deglutizione che ricorda e che per lui è corretta, cioè quella sbagliata.
Solo I'introduzione nel procedimento terapeutico di una ulteriore fase di condizionamento cere-
brale porterà alla nuova stabilità deglutitoria.
In altre parole, bisogna che venga cancellato nel cervello ogni ricordo dei meccanismi che sono
alla base della deglutizione scottetta, ma anche di quelli che conducono ad una postura linguale non
fisiologica, per ottenere un cambiamento permanente; è necessario quindi fare in modo che venga
creato un nuovo engramma cerebrale che si sostituisca permanentemente al precedente.
Allo scopo si utilizzano programmi finalizzati al controllo della posizione di riposo linguale du-
rante la giornata e durante la notte, mentre si costringe il paziente a deglutire in una maniera strana
e non fisiologica (a labbra aperte), ma che permette più facilmente di annullare il ricordo della de-
glutizione sbagliata.
Il trattamento della depltrtizione sconetta e dello squilibrio muscolare associato
Vogliamo adesso dare alcuni chiarimenti e suggerimenti su quello che è indispensabile per in-
staurare un piano di trattamento corretto ed adeguato alle esigenze del paziente.
Nel caso di patologie della deglutizione il trattamento è sempre costituito di tre componenti:
21
Clprrolo VI
La lingua, come abbiamo imparato dall'anatomia, è il muscolo, o per meglio dire, I'insieme di
muscoli, in una parola l'organo più importante del nostro apparato stomatognatico. Infatti, soltanto
il movimento corretto dei suoi sedici muscoli e la coordinazione perfetta degli eventi dinamici che si
vengono a produre sono in grado di determinare un adeguato sviluppo del massiccio facciale, ma
anche il crearsi di un atteggiamento posturale equilibrato e 1'assenza di sintomatologia a carico di or-
gani ed apparati vicini o lontani, purché funzionalmente connessi con la muscolatura linguale.
Per chi è coinvolto nel trattamento delle problematiche muscolari o specificamente nel tratta-
mento della coordinazione e dell'equilibrio della muscolatura oro-facciale è chiaro che il funziona-
mento corretto della lingua è il presupposto fondamentale per 1'avverarsi di quello che in gergo non
scientifico può definirsi 1o "stare bene".
Per questo motivo l'allenamento e la rieducazione di una muscolatura linguale afflitta da pro-
blemi di varia natura è, come sappiamo, il punto cardine di qualsiasi trattamento miofunzionale.
Gli esercizi per la rieducazione funzionale della lingua sono innumerevoli, ogni cultore della
branca avendo creato i suoi, ed ognuno che si avvicini alla materia deve sentirsi autorrzzato a svi-
luppare una propria metodologia di trattamento con I'unica guida del buon senso e delle conoscenze
anatomiche e fisiologiche indispensabili.
Purtroppo, al giorno d'oggi, chiunque pensa di poter rieducare una lingua senza spesso sapere
neppure di quanti muscoli si compone o quale è la loro funzione specifica.
Mi è capitato di ascoltare persone che propagandano loro corsi di fisioterapia linguale (mi guardo
bene dal chiamarli Corsi di terapia Miofunzionale), che non avevano la conoscenza dei movimenti lin-
guali elementari, della funzione coffetta e di quella patologica. Si può comprendere allora il perché di
trattamenti che non funzionano, di difficoltà nella frnahzzazione dei casi, di impossibilità di rendere per-
manenti i risultati della Terapia.
Bisogna mettersi bene in testa che la Terapia Miofunzionale è una Terapia Vera, non un sempli-
ce mettere un elastico sulla punta di una lingua che non sa come deve muoversi! Finché ci saranno
improvvisatori, persone che pensano che I'elastico faccia tutto da solo, senza che vi sia uno sforzo
diagnostico da parte loro e senza che una preparazione adeguata consenta di programmare un tratta-
mento nel suo insieme e poi adattarlo alla capacità di recupero del paziente ed ai suoi miglioramen-
ti, saremo costretti a continuare a sentire che la terapia non funziona, che la lingua non si può riedu-
care, che è obbligatorio, dopo un trattamento ortodontico, portare una contenzione notturna per tut-
ta la vita perché altrimenti i denti si sposteranno. Non c'è peggior medico dell'ignorante che o si met-
te le mani sugli occhi per non vedere, o affronta un problema senza idee e senza preparazione sul-
/,)
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
I'argomento e poi dice "non funziona". A quelli che la pensano così consiglio non solo di leggere
qualche libro sull'argomento (ormai ce ne sono diversi, scritti in varie parti del mondo da persone
che si sono dedicate con amore allo studio di queste problematiche), ma di aprire gli occhi e la men-
te a ciò che li circonda. Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere.
Devo però ammettere che a volte il profano che si accosta allo studio della terapia può incorre-
re anche in errori inconsapevoli. Mi è capitato di sfogliare I'ultimo libro di mioterapia pubblicato al
momento della stesura di questo testo, che sarà, se seguito, causa di insuccessi certi. Infatti, vengo-
no consigliati esercizi di rieducazione linguale che saranno validi in un contesto rieducativo genera-
le, ma che sono da proscrivere assolutamente in terapia miofunzionale. Mi riferisco in particolare agli
esercizi di spinta in fuori della lingua contro un bastoncino o un abbassalingua. Probabilmente I'au-
tore non ha alcuna conoscenza delle funzioni dei vari muscoli linguali e va ad allenare gli unici mu-
scoli che in una deglutizione sconetta sono pressoché sempre disfunzionali per ipertonia.
Nel nostro Centro abbiamo, comunque, a disposizione di chiunque lo voglia, materiale a suffi-
cienza per poter mostrare non solo quanto funzioni questa terapia, ma anche gli effetti che è in gra-
do di produrre al di fuori della bocca. A breve, saranno ultimate ricerche sui cambiamenti ormonali
che la rieducazione sembra in grado di produrre; questa è al momento l'ultima frontiera di una tera-
pia nata quasi per caso, per tenere i denti fermi e che sempre più si va affermando come la soluzio-
ne a innumerevoli problemi che affliggono noi uomini.
Ma ora, dopo questo sfogo, dettato dall'amore per questa branca della medicina, che da orto-
dontista tradizionale ho abbracciato per tornare a sentirmi "medico" nel senso più pieno del termine,
è il caso di cominciare a parlare degli esercizi che lutrltzziamo nei nostri trattamenti di rieducazione
della funzione linguale.
La lingua, come sappiamo, è I'organo principe della deglufrzione corretta e quello che viene
maggiormente alterato nel funzionamento, quando una noxa patogena venga ad interessare il com-
plesso degli eventi, che si susseguono durante un atto deglutitorio.
Gli esercizi di rieducazione della lingua hanno lo scopo, in primo luogo, di rendere efficienti ed
equilibrati i vari muscoli che la costituiscono, in secondo luogo di insegnare alla lingua stessa il mo-
vimento corretto, indispensabile per una rieducazione del meccanismo deglutitorio fisiologico.
La lingua viene divisa funzionalmente in tre parti:
- anteriore;
- mediana;
- posteriore.
Queste tre parli vanno rieducate in sequenza, iniziando con esercizi rivolti al sollevamento del-
la punta della lingua verso i1 palato, insegnando a posizionarla sul cosiddetto spot, cioè su quella zo-
na del palato che si trova al di dietro della papilla interincisiva, delimitatatra la papilla stessa e le ru-
ghe palatine. Molto spesso per ottenere un maggior controllo della posizione, soprattutto in presen-
za dr palatt con diametro trasverso ridotto ed allungati in avanti con una premaxilla ipersviluppata,
preferiamo che sia mantenuta una posizione più arretrata, al davanti delle rughe palatine più poste-
riori. Questa sarà la posizione di riposo della punta della lingua e da questa posizione si partirà per
gli atti deglutitori.
Voglio ricordare, per inciso, che la postura linguale è determinata dall'equilibrio tra muscoli
estrinseci elevatori e posteriorizzatori (stiloglosso, palatoglosso edjoglosso, che hanno inserzione al-
la radice linguale e, direttamente o indirettamente, alla base cranica e sull'osso joide) e muscoli pro-
trusori e depressori che si inseriscono sulla faccia interna della mandibola (genioglosso) o sono mu-
24
Esercizi ragionati per la lingua
scoli intrinseci. La risultante di queste forze antagoniste determina la comparsa di un vettore obliquo
dall'alto in basso e dall'avanti alf indietro, corrispondente alla posizione di neutralità della lingua.
Per la rieducazione muscolare vengono utrhzzatr elastici orlodontici H 8 (5/16 di pollice) solita-
mente colorati, per poter sfruttare anche I'aspetto più accattivante per il bambino dato dai colori viva-
ci. In alternativa ai tradizionali elastici in lattice si possono usare anche elastici in silicone, da prescri-
lere sempre in caso di sospetto di una eventuale allergia al lattice del paziente.
Gli esercizi linguali che vengono di solito utilizzati sono:
1) Esercizio di posizionamento della lingua allo spot
2) Lingua a posto (a bocca aperta)
3) Lingua a posto (a bocca chiusa, spesso in associazione alla Card labiale)
4) Succhia e ingoia
5) Ingoia senza risucchio
6) Biscotto
7) Deglutizione corretta dei pasti
8) Leone
9) Cavallo
z5
Manuale pralico tli Terapia Miofunzionnle
Fig. 13 - Esercizio con due elastir:i per I'allenantento delkt Fig. 14 - Eserc'izio con tre elo,stici per le zone laÍero-mediane
pctrte mediana della linguct
(Fig. 16) ed infine le zone latero-posteriori della lingua (Fig. 17, 18). Quindi, partendo da un elasti-
co sulla punta si arriva ad avere sette elastici sparsi nelle varie zone funzionali della lingua.
3) Lingua a posto (a bocca chiusa)
Fin da1la seconda settimana di terapia è spesso possibile iniziare un altro esercizio rivolto a condi-
zionare la postura linguale. Si tratta di un esercizio eminentemente statico; la lingua deve essere tenuta
ferma allo spot mantenendo la bocca chiusa, quindi con il minimo dispendio energetico e con un affati-
camento molto limitato.
Eserci:.i rogiotloti per la lingua
Fig. 15 - Esercizio cott qLtottro elusÍit'i per lu sttperfie ntediu- Fig. 16 - Esercizio con tre elct.;îici per alletrure I.a purte posle-
rta tlella Iin,qr.ra riore cerÍrule
Fig, 17 - Esertizit.t ton 5 el.asÍit'r Fig. l8 - EsercizJo con 7 ehsÍiti per lu ríeducct:.ione globale
della ling,utt
Gàrliner aveva chiamato questo esercizio "Delizia della mamma" (o anche del marito, del fidan-
zato, della moglie etc.). Il motivo di questa denominazione è dato dal fatto che, iniziando da 5 minuti
al giorno, si arriva a tenere la bocca chiusa fino ad un'ora, con indubbio sollievo di chi sta vicino (so-
prattutto se il paziente è uno che palla troppo o si lamenta spesso).
).7
Manuale pratico di Terapía Miofunzionale
Nel nostro Centro 1'esercizio viene più banalmente definito "Lingua a posto a bocca chiusa".
Lo scopo principale è quello di far abituare il paziente ad una postura linguale corretta, ma al-
trettanto utile è 1o stimolo ad acquisire una giusta dinamica respiratoria.
È infatti cosa nota che la postura alta della lingua favorisce ia respirazione nasale, mentre lin-
gua bassa tra le arcate dentarie, o affondata nell'interno della mandibola spinge o addirittura obbliga
ad una respirazione orale. L'esercizio va effettuato una sola volta al giorno, con un elastico sulla pun-
ta della lingua, partendo da 5 minuti a settimana, per arrivare fino ad un'ora. Si torna poi indietro di-
minuendo i tempi fino ad eliminare l'esercizio dal programma terapeutico.
Spesso sfruttiamo il fatto che il paziente deve
comunque tenere la bocca chiusa per esercitare an-
" che le labbra con la Card labiale, facendo così an-
che un esercizio isometrico che, anche in assenza
di movimento, ci dà un tono muscolare migliore
(Fig. 1e).
4) Succhia e ingoia
È l'esercizio che prepara ad una deglutizione
corretta.
Insegnare ad un bambino, spesso in tenera età,
che la lingua nel movimento della deglutizione de-
ve spostarsi in alto e indietro sarebbe estremamen-
te difficile. Anche gli adulti spesso trovano molto
Fig. 19 - Eserciz,io can la Card labiale difficile coordinare la muscolatura per impostare
un movimento mai eseguito prima. Ci soccome al-
lora il movimento di succhiamento della saliva aspirando aúatra i denti laterali, il cosiddetto "risuc-
chio". Questo ci permette di far capire in poco tempo al paziente cosa vogliamo da lui; infatti nel-
I'atto di risucchiare la saliva, la lingua si sposta inconsapevolmente in alto e indietro facendo proprio
il movimento che vogliamo insegnare.
L'esercizio si compone di vari movimenti che hanno tutti un loro scopo preciso.
Si invita il paziente a:
1) mettere un elastico sulla lingua;
2) mettere la lingua allo spot;
3) chiudere i dentil
4) aprire le labbra;
5) risucchiare:
6) ingoiare.
I denti devono essere a contatto, in massima
intercuspid azione la deglutizione è infatti I' unico
momento in cui i denti vengono a contatto diretto.
L'intercuspidazione massima è indispensabile per
fornire alla lingua, attraverso la stabrlizzazione
mandibolare, un punto fisso per il suo movimen-
to; molto spesso chi ingoia male lo fa interponen-
do la lingua tra le arcate. Fig. 20 - Succhia e ingoin
Le labbra devono essere aperte (Fig. 20) per-
Esercizi ragionati Per la lingua
Se dobbiamo inse-
ché ormai nel cervello si è stabilito I'engramma "labbra chiuse, lingua bassa".
gnare alla lingua un nuovo movimento utbiu-o necessità di scindere la funzione
labiale da quella
terapeutico sarà
aella linguu p"rru I'insuccesso dei nostri sforzi. Solo verso la fine del programma
reintrodotto il sigillo labiale durante I'atto deglutitorio'
(ricordia-
Si comincia con un solo elastico sulla punta della lingua nelle prime sedute di terapia
mo che per ogni esercizio cominciamo sempre col trattamento della parte anteriore
della lingua); si
passa poì Ol ,àtti-unu in settimana ad aumentare il numero degli elastici per trattare le superfici cen-
aperto dal
irale e posteriore e le zone laterali. In caso di "deglutizione laterale" con frequente morso
laterale
lato deila spinta linguale, si porrà molta attenzione a posizionare gli elastici sulla superficie
della lingua in corrispondenza della beanza.
L esercizio vienà ripetuto in genere 10/15 volte per due o tre volte al giorno. Spesso è possibile
o opportuno usare nella stessa seduta più combinazioni di elastici, soprattutto nelle fasi
finali della
terapia, quando si vuole tenere Sotto controllo tutta |a lingua.
5) Ingoia senza risucchio
Una o due settimane dopo f introduzione del "succhia e ingoia" nel programma terapeutico,
quando ormai la lingua è in grado di effettuare un buon movimento, si aggiunge questo nuovo
eser-
cizio, il primo tentativo di effettuare un atto deglutitorio cometto per ingoiare della saliva'
la lingua in
Si tratta di effettuare una deglutizione senza il risucchio che ha permesso di portare
alto e indietro all'inizio del trattamento. Il paziente, se pur con qualche difficoltà, riuscirà
in poche
sedute ad acquisire una certa padronanzadel movimento. Anche questo esercizio
va ripetuto 10i15
volte due o tre volte al giorno con la stessa progressione nell'uso degli elastici.
6) Biscotto
Una volta che il paziente ha raggiunto un certo grado di abilità con gli esercizi precedenti e
quando abbiamo già aúenato la parte centrale della lingua è possibile aggiungere un nuovo esercizio,
il primo tentativo di ingoiare qualcosa più consistente della saliva.
Si invita il paziente a masticare un pezzettino
di biscotto (ora si trovano in commercio dei biscot-
ti molto piccoli che corrispondono approssimativa-
mente alla quantità che si può inghiottire in un
morso). Dopo aver raccolto il bolo che si è forma-
to al centro della superficie dorsale della lingua, si
pone un elastico sulla punta (Fig. 21) e si procede
alla deglutizione come nell"'ingoia senza risuc-
chio".
Si inizia con la deglutizione di pochi morsi di
biscotto a colazione e merenda.
Con il procedere del trattamento viene incre-
mentato il numero di morsi. Può anche essere so-
stituito il classico biscotto con fette biscottate o Fig.2l - Eserciz.io del bi.scotto
crakers ed in seguito con altrì cibi.
7) Deglutizione corretta dei pasti (cosrituisce la secondafase della terapia)
con la deglutizione
euando si è rieducata tutta 1a lingua, si sostituirà I'esercizio del biscotto
conetta con elastico e labbra aperte durante i pasti principali, iniziando da una piccola porzione
t9
Manuale pratico di Terapía Miofunzionale
della cena per arrivare alla deglutizione con elastico e labbra aperte di tutti
i pasti della giornata'
de1la muscolatura linguale è terminato,
euesto esercizio rnrzia di solito quando il training
quindi dopo circa tre mesi dalf inizio della terapia'
meno frettoloso del
Si comincia dalla cena perché si tratta solitamente di un pasto più breve e
nella ma-
pranzo.All,inizio si dividerà ogni piatto in due parti uguali delle quali una sarà deglutita
elastico. Si passerà quindi a
niera solita, l'altra con I'esercizio alabbra aperte e lingua allo spot con
ingoiare tutta |a cena con la proceduru Si aggiungerà poi con le stesse modalità anche il
"ort"ttu.
prAfiZo' r \ ^-^L^ li*:+^+^
limitato, ilil paziente
-^oìanra
Notct bene!E importante che per un periodo di tempo che può essere
anche
cancellare
arrivi ad ingoiare durante la giornata tuttó con I'elastico e le labbra aperte. Noi
dobbiamo
con uno nuovo che an-
nel cervello del paziente un meccanismo che per lui è "normale" e sostituirlo
voita al giorno la degluti-
diamo insegnando. Se si permette al cervello di utrlizzare anche una sola
per sempre dal bagaglio del-
zione scorretta, sarà più Oitti"lt" per noi renderla inattiva e cancellarla
ie funzioni automatiche.
(che ricordiamo è
Dopo questo periodo si inizierà a reintrodurre la deglutizione a labbra chiuse
in maniera incrociata ia
fisiologica), ma con un meccanismo di alternanza dove vengono utrhzzate
e a labbra chiuse, fino
deglutizione senza elastico e a labbra aperte con la deglutizione con elastico
a ritornare a una deglutizione finale a labbra chiuse e senza
più I'ausiiio degli elastici'
8) Leone
Questo esercizio è utilizzato con due scopi:
per dare pressione verso il palato, schiacciando la
iingnu verso I'alto e soprattutto in casi di frenulo
linguale corto.
Le modalità di svolgimento dell'esercizio so-
no le seguenti: si schiaccia con forza la lingua sot-
to il palato e, mentre si esercita una pressione ver-
so l'alto, si apre la bocca portando in basso la man-
dibola finché è possibile senzache la lingua si stac-
chi dal palato (Fig.22). L esercizio va effettuato tra
le l0 e le 20 volte, due votrte al giorno, in relazione
alle richieste del caso.
Come dicevamo sopra, si:utrltzzain caso di pa-
Fig.22 - eserciz.io del leone
lato stretto per favorire una ripresa della crescitatra-
sversale e soprattutto in caso di frenulo cofio'
né estremamente corto è possibile cercare di stimolarne
euando il fienulo non è troppo fibroso,
l,allungamento con questo Se però non si hanno risultati evidenti in capo a poche settima-
"r"."lrio. lingua un movimento senza costri-
ne è opportuno consigliare ia frenulotomia onde permettere alla
di un frenulo corto sono 1o Stiio-
zioni.Ricordiamo ché i muscoli più compromesri outtu presenza
glosso e il palatoglosso, che in g"n"r" in qìesti casi divengono
ipotonici se non atrofici' Esistono co-
ma cambia soltanto il punto di fissa-
munque casi in cui soprattutto il Palatoglàsso non si atrofizza,
zione per 1o sviluppo àella sua contrazióne, determinando anziché
il sollevamento della lingua I'ab-
bassamento dei pilastri del palato.
Dopo f intervento di frenulotomia, I' esercizio del Leone è il cardine
della rieducazione'
1'aumento di mobilità lin-
Permette infatti la distensione della zona crcatriziale. mantenendo
30
Eserciz.í ragionati per la lingua
guale ottenuto con I'intervento. La rieducazione vainiziata però già nei primi giorni successivi
alf incisione del frenulo per prevenire cicatrici retraenti che possano perpetuare la mancarTza di
rnobilità. È da ricordare inoltre che la rieducazione dopo frenulotomia è imperativa, altrimenti
nulla convincerà la lingua a cambiare il suo atteggiamento funzionale. Questo è il motivo per
r-ui tante lingue liberate dal loro impedimento continuano a muoversi comunque in basso.
Un'ultima nota. Questo esercizio va sempre programmato in coda alla sequenza giornaliera per-
ché risulta estremamente faticoso, soprattutto per il digastrico anteriore ed invoglia a tralasciare gli
altri esercizi, qualora venissero programmati dopo di esso.
9) Cavallo
Questo esercizio ha 1o scopo di restituire elasticità alla lingua. E molto ttlhzzato in associazio-
ne agli altri esercizi per la parte mediana e posteriore. In conseguenza del suo uso vengono spesso a
migliorare la pronunzia della "R" di "Ci, Gi, Ch, Gh".
Uaumento di elasticità permette alpaziente di parlare più chiaramente e velocemente, senza più
quegli antipatici salti di consonanti o di sillabe durante il linguaggio concitato. Spesso infatti, la lin-
sua che manca di sufficiente motilità non riesce a tener dietro alla dinamica cerebrale del linguag-
eio, per cui, alla ideazione rapida, non segue una rapida risposta motoria, con la conseguenza che il
paziente non rispetta la lunghezza delle parole abbreviandole variamente.
Uesercizio sirealizza schiacciando tutta 1a lingua sotto il palato, aprendo 1a bocca al massimo per
poi lasciarla cadere in basso sul pavimento orale. Tale azione viene ripetuta inizialmente fra le 30 e le
50 volte, due volte al giorno per anivare con il tempo a l00ll20 volte, due volte al giomo.
Gli esercizi descritti finora sono quel1i usati in un percorso terapeutico tipo; a volte le esigenze
del singolo paziente possono essere differenti, richiedendo un'aggiunta al programma standard qui
descritto.
L'evenienza più frequente è quella determinata da fatti traumatici o paretici che abbiano provo-
cato menom aziont della funzionalità linguale.
In questo caso g1i esercizi vanno adeguati alle capacità residue del paziente e modificati in mo-
do individuale.
Tra gli esercizi più usati in questi casi voglia-
mo ricordare:
l) La passeggiata.
2) La JVeccia.
Nel nostro Centro abbiamo denominato "pas-
seggiata" un esercizio nel quale viene fatta scorrere la
punta della lingua dal margine posteriore di un'arca-
ta a quello dell'altro lato, passando sulla superficie
r-estibolare degli elementi dentali per tornare poi in
dietro al punto di partenza, strofinandola su1le super-
fici linguali (Fig. 23).
L'esercizio viene poi ripetuto sull'arcata oppo-
sta. Fig.23 - La passeggiara
-') |
Manuale prcttico di Terapiu Mio.t'iLnzionale
Fig.24 - La.fieccin
)/-
Clprrolo VII
!'1a:ietere
Ma**rere ternamente alle arcate dentarie, mentre gli altri com-
!ìi:r.cinat*r* Fr:rcina.*re ponenti angolari della base sono costituiti dai mu-
scoli masseteri e buccinatori lateralmente. da orbico-
lare e mentoniero anteriormente ed in basso. La fun-
Ment**ler* zione muscolare coffetta, nella quale i vari compo-
Fig. 25 - ll triang,olo delle forze nenti sono in equilibrio, è responsabile della morfo-
losia adeguata dei mascellari e di arcate dentarie ar-
moniche, mentre alla malfunzione muscolare sono da ascrivere i problemi di malocclusione e le pa-
tologie a carico dell'apparato stomatognatico ed oro-facciale.
Qualunque causa, quindi, che determini un funzionamento
anomalo di un distretto muscolare. causerà I'instaurarsi di uno
squilibrio e di conseguenze sia di carattere morfologico che fun-
zionale.
Gli Orbicolari delle labbra sono tra i muscoli che con mag-
gior facilità vengono interessati da malfunzione e tra quelli che
in maniera più evidente risentono della mancanza dt esercizio.
Il tono muscolare è determinato dalla funzione, quindi più
le labbra funzionano più il tono sarà elevato. E chiaro che tutte
quelle situazioni, che portano ad un esercizio minore del nor-
male, avranno una influenza sulla forza muscolare e daranno
luogo ad anomalie strutturali e funzionali.
L'evento più frequente è il riscontro di un indebolimento
della muscolatura delle labbra. Esso è provocato da tutte quelÌe
situazioni che determinano una difficoltà ad ottenere un sigillo
labiale adeguato (Fig. 26). Causa prima di questo è la spinta Fig. 26 - II tritmgolo delle forze
33
Manuale pratico di Terapia Miofunz.ionale
linguale determinata da una deglutizione scoffetta anteriore o totale. In questo caso la pressione eser-
citata dalla lingua sulla premaxilla determina una crescita abnorme di quest'ultima con una vestibo-
laizzazione degli incisivi. Viene in questo modo a determinarsi una difficoltà o addirittura una im-
possibilità alla chiusura delle labbra.
Le labbra che non si contraggono non funzionano e così si viene a creare un circolo vizioso che
mantiene ed aggrava la situazione: la lingua spinge i denti in fuori, le labbra non lavorano perdendo to-
no e forza, la lingua può spingere i denti più in fuori con maggiore facilità. La respirazione orale, che
si determina per la postura linguale bassa, che provoca indirettamente una istrettezzadel palato e, con-
seguentemente, delle cavità nasali, a causa dell'attività dei buccinatori durante la deglutizione, è re-
sponsabile, a causa della diminuzione del tono muscolare, dell'aggravamento della situazione.
[Jna volta che si sia riscontrata, attraverso I'uso della Scala graduata o, ancora meglio del Myo-
scanner, una debolezza delle labbra, è necessario instaurare un programma per il trattamento del-
l'orbicolare. (In altra parte di questo testo sono riportati I'uso delle apparecchiature ed i valori delle
misurazioni ritenuti normali in rapporto alle varie età).
Gli esercizi che si possono programmare sono tutti rivolti alla chiusura forzata delle labbra e si
dividono in due gruppi: esercizi di contrazione ed esercizi di movimento.
Del primo gruppo fanno parte tutti quegli esercizi che sono rivolti ad ottenere un miglior sigil-
lo labiale, mediante 1'allenamento dell'orbicolare a contrarsi; del secondo quelli che si propongono
di aumentare l'elasticità del labbro e di ottenere quindi, con un miglioramento del movimento, anche
un tono muscolare più corretto.
Esercizi di contrazione
1) Bottone
Il materiale occorrente per I'esercizio è costituito da un bottone del diametro di 20 mm circa.
Esso deve avere una superficie piana o concava ed una convessa e deve essere collegato ad un cor-
doncino della lunghezza di ctcaLI cm.
L esercizio si esegue mettendo il bottone all'interno delle labbra ed anteriormente ai denti, con
la superficie piana rivolta verso questi ultimi e la superficie convessa verso le labbra allo scopo di
non provocare escoriazionl Strette le labbra, si deve esercitare attraverso il cordoncino una trazione
tale che il bottone possa essere trattenuto in bocca per cinque/dieci secondi per mezzo della contra-
zione dell'orbicolare (Fig. 27),vrncendo poi la resistenza delle labbra con la forza di trazione eser-
citata dal braccio.
L'esercizio viene eseguito inizialmente 10/15
volte, due o tre volte al giorno, aumentando, se oc-
corre, fino anche a 50 volte nel periodo successivo,
in base alle misurazioni effettuate con la Scala.
Una variante dell'esercrzio precedente è il
cosiddetto "tiro alla fune" (Fig. 28).
Per questo esercizio siuttltzzano due bottoni,
collegati da un cordoncino di circa 40 cm di lun-
ghezza. Un bottone viene trattenuto dalle labbra
del paziente, l'altro da quelle di un genitore o di
altra persona. Si instaura quindi una gara di resi-
stenza che spesso può essere una motivaztone
Fig.27 - Esercizio del bottone
maggiore in soggetti piccoli o poco collaboranti.
Esercizí ragionati per le labbra
In caso di pazienti con difficoltà a tenere le labbra chiuse anche per tempi minimi è impossibi-
le I'utilizzo iniziale di questo esercizio, ma bisognerà rimandarlo ad un periodo successivo o si do-
r rà usare un bottone di diametro maggiore, che possa essere trattenuto anche da labbra che non for-
niscano un suggello pelfetto.
2) Card labiale
Si tratta di un esercizio Isometrico, durante il quale la muscolatura viene allenata senza che
vr sia una contrazione tale da portare a movimento di accorciamento muscolare. Viene messa tra
le labbra una piastrina di plexiglass che misura in genere 50 mm x 30 mm e con uno spessore di
-3 mm (Fig. 29). Le misure descritte sono quelle di uso più comune per un paziente "tipo", si pos-
sono usare comunque altri spessori in accordo con le capacità del soggetto; abbiamo così anche
card dello spessore di 1,5 mm per pazienti con un ipotono più grave. In pazienti con deficit ancora
nraggiori come i Distrofici abbiamo ufi.ltzzato con successo la cosiddetta "collana magica" ideata
dal professor Gàrliner. Si tratta di un collare di celluloide di circa 20 mm di altezza su cui è inse-
rito ad angolo retto un prolungamento di ctrca 20 cm con la stessa larghezza e che termina con
Lrna superficie più larga simile alla "card". Lo spessore è però molto minore essendo di circa 1
mm. La forza occorrente per tenere in bocca la parte terminale dell'esercitatore è molto minore
lispetto alla card ed i risultati sono comunque evidenti e rapidi.
I tempi di applicazione della card vanno da cinque minuti fino ad un'ora, con incrementi di cin-
que minuti a settimana. Gli scopi principali dell'uso della Card sono due: rinforzo del tono delle lab-
bra, obbligare il paziente ad una respirazione di tipo nasale durante il tempo dell'esercizio.
Il paziente che presenta una ipotonia del labbro è sempre evidentemente un respiratore orale as-
soluto o parziale. La costrizione a tenere 1e labbra chiuse, associata con esercizi di riposizionamen-
to della lingua, lo induce a riprendere una respirazione corretta di tipo nasale.
L'esercizio va effettuato una o due volte al giorno.
Gli stessi scopi sono quelli che si plopone la "collana magica". I tempi dr applrcazione sono pe-
rò molto più vari, dipendendo dalle possibilità iniziali del singolo paziente di effettuare 1'esercizio.
Nel nostro Centro abbiamo seguito pazienfr che, partiti da uno o pochi secondi sono amivati, nel gi-
ro di una settimana, a trattenere la collana magica tra le labbra vari minuti. Si cerca comunque di ri-
petere 1'esercizio più volte nel corso della giornata per poter ovviare alla minor capacità di tenere la
piastrina in bocca con un maggior numero di sedute terapeutiche.
35
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
Anche i tempi occonenti per un recupero più o meno completo della funzionalità delle labbra
sono quanto mai vari. Il nostro consiglio è quello di non lasciarsi prendere dallo scoramento, anche
quando i risultati tardano così tanto ad arrivare, da destare dentro noi stessi dubbi sulle nostre possi-
bilità effettive di risolvere un caso particolarmente grave e che sembra non voler rispondere per nul-
la ai nostri sforzi.
È proprio di pochi mesi fa un episodio che si è verificato nel nostro Centro. Abbiamo
curato per due anni una îagazza di quindici anni con gravi problemi, alcuni di tipo genetico,
che per di più aveva sofferto anche di asfissia durante il travaglio, che aveva lasciato pure uno
strascico di episodi di tipo epilettico e in aggiunta presentava gravi problemi visivi. L'intelli-
genza comunque era normale ed anzi questo causava disagi, per la difficoltà di avere una pos-
sibilità di comunicazione normale. I1 problema maggiore di questa raga.zza, per ciò che riguar-
dava la nostra sfera d'azione, era che non aveva mai chiuso le labbra in tutta la sua vita. La
sua capacità a tenere le labbra a contatto si riduceva a pochi secondi durante i quali, dopo aver
accollato le labbra con le mani, effettuava una inspirazione foruata creando una depressione
all'interno della bocca. Si era in passato cercato di fare della logopedia, ma senza il minimo
risultato e la paziente continuavaa pronunziare le parole papà <tatà>> e mamma <<nanna>>.
Per due anni abbiamo provato di tutto. Ogni esercrzio per il rinforzo delle labbra è stato
adattato al caso, è stato preparato anche un bottone in resina avente la forma della parte vesti-
bolare (cioè esterna) delle sue arcate dentarie, nel tentativo di poter rinforzare 1'Orbicolare, ma
tutto è stato vano. Nonostante ciò, pur in mezzo a periodi di scoraggiamento, non ci siamo
voluti arrendere e così, dopo due anni di insuccessi, all'improvviso il padre ci ha telefonato per
avvisarci che la figlia era riuscita a tenere le labbra chiuse per dieci minuti. E dopo pochi giorni
ci ha richiamato per dirci che ora la figlia teneva la bocca chiusa per una intera ora.
La spiegazione che ci siamo dati di tutto questo è che la ragazza, in seguito ai problemi del par-
to, non era in grado di comandare i suoi muscoli; il suo cervello aveva avanti a sé tanti binari e non
sapeva scegliere quello giusto per inviare gli stimoli all'Orbicolare, oppure non sapeva decidersi a
scegliere un binario da percor:rere. Alla fine, si è trovata a seguire la strada corretta e così il muscolo
ha potuto beneficiare dell'arrivo di uno stimolo alla contrazione. Il lavoro successivo è stato quello di
consolidare questa strada ed è quello che stiamo facendo in questo momento e finalmente con una pa-
ziente che, confortata dar risultati ottenuti, collabora in una maniera molto migliore.
Abbiamo fatto tutto questo discorso, forse per qualcuno un po' noioso, per fare capire che spes-
so ci arrendiamo troppo presto (se le logopediste che I'avevano seguita in passato avessero avuto una
dose di pazienza maggiore probabilmente si sarebbero ottenuti risultati più in fretta) ed invece pro-
babilmente ogni paziente ha un suo sentiero di accesso, magari nascosto, ma in gran parte dei casi
ancora percorribile.
Esercizi di movimento
1) Gonfia labbra
È un esercizio propedeutico agli aitri, nel senso che va effettuato di solito come preparazione
agli esercizi successivi al fine di otteneme il massimo vantaggio. Va anche effettuato per ottenere il
rilassamento della muscolatura ipertonica. L'effetto del calore come mezzo di riduzione della ten-
sione muscolare era un concetto già noto nell'antichità e come è intuibile un muscolo ipercontratto
non può essere guidato facilmente ad un movimento libero e corretto.
Si mette in bocca una piccola quantità di acqua caldo-tiepida, secondo alcuni (Rogers) legger-
Esercizi ragionnti per le labbra
31
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
Fig. 32 - Rotolo ellèttuato con íl tlito Fig. 33 - Allungantento passit,o del labbro .;uperiore
to tende a spostare il dito dalla parte omolaterale alla mano utilizzata con un'azione quindi asimme-
trica. La barretta viene invece sostenuta con entrambe le mani e ciò, anche in caso di una prevalen-
za di azrone di una mano sull'altra, riduce i rischi di asimmetria di movimento e di pressione eserci-
tata nelle varie zone del labbro.
Fig. 35 - McLssaggio del labbro attivo Fig. 36 - Ma,ssaggio del labbro pct,ssivo
ta o di seguire la tecnica di Lourie, che invitava a comprimere con un dito I'inserzione del muscolo
mentoniero onde inibirne 1a conffazione.
Questo esercizio va effettuato mantenendo la posizione del labbro per sette-dieci secondi per tre-
cinque volte ripetendolo due o tre volte al giomo.
5) Massaggio del labbro
Consiste nel provocare un allungamento del labbro superiore facendo scoffere su di esso il 1ab-
bro inferiore. L'esercizio può essere di tipo attivo o passivo.
Nel primo caso si porta i1 labbro inferiore il più in alto possibile a coprire il labbro supe-
riore per poi esercitare una pressione su quest'ultimo tirandolo verso il basso. Come è facile
capire in questo caso vi è una componente attiva a livello del labbro inferiore, che viene solle-
vato in alto e che poi esercita la sua pressione, trascinando in basso il labbro superiore, ed un
movimento passivo del labbro superiore che viene disteso verso il basso (Fig. 35).
L'esecizio passivo consiste nel prendere il labbro inferiore tra i pollici e gli indici e sollevarlo
più in alto possibile a coprire il labbro superiore, esercitando poi la trazione su di esso durante la di-
scesa alla posizione inizrale (Fig. 36).
L'esercizio va eseguito iniziando da 30-50 volte due o tre volte al giorno, aumentandolo nel tem-
po fino a 100-150 volte due o tre volte al giorno.
Nelle prime fasi, o quando gli incisivi superiori si presentano molto vestibolarizzafr, è consi-
gliabile rntziare con I'esercizio di tipo passivo per passare successivamente a quello di tipo attivo una
volta che il labbro inferiore sia in grado di coprire adeguatamente il labbro superiore e una volta che
gli incisivi abbiano rnrziato il loro movimento di ritorno alla posizione corretta.
6) Mangíaspaghetti
Scopo dell'esercizio è il rinforzo dell'Orbicolare delle labbra e il miglioramento della coordi-
nazione neuromuscolare tra movimento delle labbra, della lingua e dei muscoli dell'occlusione (ele-
vatori mandibolari). È stato introdotto probabilmente nella terapia da Daniel Gàrliner con il nome di
Marshmallow, che è un biscotto con un foro centrale che si può gustare in America (le misure sono
rimaste infatti quelle di questo dolce). Noi abbiamo nbaftezzato questo esercizio "mangiaspaghetti"
perché ricorda il modo di mangiare gli spaghetti rÍrhzzato da tanti bambini.
Per compiere questo esercizio viene utllizzato ùn pezzo di cordoncino di circa 50-60 cm su cui
si infilano progressivamente dei gettoni del diametro di 35 mm e di spessore vario in base alle esi-
Manuale pratico di Terapia Miofunz.ionale
40
Esercizi ragionati per le labbra
A volte non basta far pronunziare tali fonemi, ma bisogna che il paziente si aiuti alf inizio por-
:ando le labbra a contatto comprimendole tra pollici ed indici.
4) Gonfiare un palloncíno
È inirialmente un esercizio difficile per la mancanza di consistenza della gomma. Per ovviare a
questo problema si fa introdurre alf imbocco del palloncino un tubicino rigido (può trattarsi delf in-
volucro di una penna biro o di un pezzo di pasta grossa "trpo ziti" . E un esercizio efficace anche per
nrigliorare la respirazione.
5) Fare le bolle di sapone/fare le bollicine con una c&nnuccía in un bicchiere
Come il precedente, oltre a modulare la funzionalità delle labbra, migliora la respirazione.
6) Soffiare sulla fiamma di una candela senza. spegnerla
Risulta efficace per migliorare il controllo dell'Orbicolare e per la respirazione.
41
Manuale pratico di Terapia Míofunzionale
In pazienti che stiano praticando un ffattamento ortodontico è possibile fare ricorso ad un lip-
bumper, che è un semplice filo di acciaio dello spessore di 0,9-1 mm che può presentare o meno del-
le anse e che può essere orientato adeguatamente nel fornice. Esso può anche essere ricoperto nella
zona antettore di resina per meglio distribuire la pressione esercitata dal muscolo Mentoniero.
Lo stesso scopo si prefiggono anche piccoli scudi labiali presenti in numerosi apparecchi rimo-
vibili in uso nel trattamento orlodontico-ortopedico funzionale come ad esempio nel Fraenkel.
2) Esercizí attivi per la ri.duzione dí tono del m. Mentoniero
L'unico esercizio di tipo attivo per contrastare f ipertono del labbro inferiore e del mentoniero
in particolare è il "gonfia labbra".
Come per quello del labbro superiore, viene ut/nzzata dell'acqua calda che viene fatta conflui-
re al di dietro del labbro inferiore a livello del fornice; 1'acqua verrà trattenuta nel sito interessato per
circa sei secondi. Riteniamo che tempi più lunghi possano determinare, in alcuni pazienti,la tenden-
za aduna contrattura muscolare reattiva causata dalla difficoltà di trattenere 1'acqua senza farla fuo-
riuscire dalla cavità orale. Anche in questo caso facciamo ripetere 1'esercizio per trenta volte.
+L
^^
Esercizi ragionati per le labbra
/'t 7
Cl.prror,o VIII
evidente degli stimoli alla contrazione che si generano nel tentativo di trovare una posizione "comoda"
altrimenti irraggiungibil e.
Un ulteriore mezzo per ottenere un rilasciamento muscolare è quello che :uttlizza la TENS (sti-
molazione nervosa elettrica transcutanea). L'applicazione di due elettrodi sulla cute a livello pre-tra-
gico riesce a trasmettere gli impulsi provenienti da un apposito apparecchio sia al nervo trigemino che
al nervo facciale. Ricevendo il muscolo massetere, così come gli altri muscoli masticatori l'innerva-
zione da1 trigemino, tnizia a contrarsi in maniera controllata, rispondendo ad impulsi di entità stabili-
ta emessi ogni 1,5 secondi. Al rilasciamento della muscolatura deve seguire 1'applicazione di un ripo-
sizionatore chiamato ortotico per stabilizzare I'occlusione ottenuta.
Gli esecizi che si prescriveranno in questi casi sono rivolti non al rilasciamento del massetere o
del temporale e dello pterigoideo mediale, bensì al rinforzo del1a muscolatura antagonista, vale a di-
re il gruppo dei muscoli sottomandibolari.
46
Esercizi per la mLtscoluturct masticcttoria e per la rieclucctz.ione deLle ATM
41
Mantuile pratico di Teropia Miofintzionale
Esercizio no 5 .€,
Pore una mano sul mento ed esercitare una cer-
,r pressione con direzione distale (posteriore). Cer- *:
,rre di protrudere la mandibola contro questa resi-
. 3nza (Fig. a3).
Ripetete \entl..ro\te due ro\te a\ giorno.
Questo esercizio va prescritto in casi selezio-
nati. Infatti, ha 1o scopo di tonificare il muscolo
pterigoideo esterno che, in molti casi, invece è già
ipertonico.
j':a-:::
:.,a:a.;:;
Muscolo Massetere
Conto a
Ipotonia bilaterale
Esercizio del chewing gum
Conto a dieci con rullo salivare controlaterale
Ipotonia monolaterale
Esercizio del chewins sum monolateralmente
lpertono masseterino
Non sono eserclzl
Bite
Si possono atilizzare
TENS
Massaggi
Bio-feedback
Training autogeno
Tecniche di rilassamento
Rilassamento di Jakobson
Joga
49
Clprrolo IX
Nei capitoli precedenti abbiamo trattato della fase fisioterapica del trattamento miofunzionale,
ma, come abbiamo accennato già a partire dalla prefazione a questo testo, la fase "muscolare" non è
che la prima delle parti del trattamento, importante perché senza la funzionalità muscolare è impen-
sabile rieducare il meccanismo deglutitorio, ma in grado di fare soltanto questo e null'altro. Pur-
troppo, non è sufficiente che i muscoli siano in grado di compiere il loro movimento perché la de-
glutizione si mantenga corretta nel corso del tempo. A questa fase segue I'insegnamento della de-
glutizione dei solidi, Abbiamo già detto dell'uso dell'elastico nel momento di deglutire durante i pa-
sti (II fase).
Alla fine della prima fase della terapia probabilmente il soggetto sarà in grado di compiere de-
-uli atti deglutitori corretti,
ma soltanto mentre fa gli esercizi; infatti, il cervello non sarà ancora in
grado di riconoscere il nuovo meccanismo come fisiologico e, al contrario, continuerà a considerar-
io un esercizio, tornando alla deglutizione scorretta una volta terminata la seduta terapeutica.
Per poter fare sì che la nuova forma di deglutizione venga riconosciuta dal cervello e scelta co-
me idonea a mantenere nel tempo le nuove capacità di funzionalità muscolare il cammino è quanto
mai lungo. Se la prima fase terapeutica è durata infatti tra i tre ed i quattro mesi, il coinvolgimento
del cervello nel controllo e nel mantenimento del nuovo pattern richiede un tempo che oscilla di so-
lito tra i sette ed i nove mesi.
Al fine di stimolare il processo di controllo della funzione deglutitoria vengono messi in atto
svariati meccanismi che, nel corso dei mesi, hanno 1o scopo di indurre un sempre più costante posi-
zionamento della lingua allo spot e un meccanismo di deglutizione coretto e ripetibile.
È stato spesso obiettato, da coloro i quali non credono nella Terapia Miofunzionale, che è im-
possibile cambiare la funzionalità cerebrale e che è di conseguenza impossibile rendere automatica
la deglutizione corretta. Io non so se questo sia vero oppure no, spero che chi afferma queste cose
abbia dei riscontri obiettivi; da parte mia posso solo dire che, quello che per me è importante, è che
la lingua stia al suo posto e che durante la deglutizione si muova correttamente, poco importa se il
meccanismo di controllo sia corticale o sottocorticale, questa probabilmente è solo accademia. Se al-
le mie misurazioni troverò che i muscoli, mesi o anni dopo la fine della terapia, si mantengono in
equilibrio e che, all'esame con la fluorescina la lingua segue un percorso corretto, questo mi basta e
questo da medico perseguo.
Per condizionare comunque il controllo cerebrale si ricorre, nel momento che I'equilibrio mu-
51
Manuale prutico di Terapicr MÌo.fLmzíonale
scolare è raggiunto, ad un mafiellamento continuo con una richiesta unica e dpetuta con molta fre-
quenza durante la giornata: "dove sta la lingua?".
Questa domanda viene rivolta inizialmente ad orari stabiliti, sei o sette durante le ore di veglia,
ed ogni volta il paziente deve riportare la risposta su uno stampato che contiene su un margine 1o spa-
zio per annotare il giorno e poi una serie di caselle corrispondenti ognuna ad un orario segnato nel-
la parte superiore del foglio. Gli orari utilizzafr almeno alf inizio di questa fase corrispondono ad
azioni ripetitive e facili da ricordare come 1'uscita di casa per recarsi a scuola, l'orario della ricrea-
zione, I'inizio dei compiti a casa, I'orario di uno spettacolo televisivo seguito con assiduità.
Il paziente deve segnare nelle varie caselle dove ha trovato la lingua negli orari prescritti (cioè
se in alto sullo spot oppure in basso, in qualsiasi altro punto non corretto) e può farlo disegnando una
faccia che ride o che piange (se la lingua è a posto o meno), fare una crocetta blu o rossa o utllizza-
re altri segni facilmente riconoscibili.
Durante le prime settimane ci aspettiamo di ritrovare quasi sempre la lingua fuori posto (atten-
zione: questo non è un controllo dei risultati raggiunti con gli esercizi di fisioterapia, ma un nuovo
esercizio, un esercizio che allena il cervello); se trovassimo la lingua sempre a posto dalf inizio o ab-
biamo sbagliato la diagnosi inziale o il paziente ci imbroglia).
Ci aspettiamo comunque che il numero dei risultati positivi sia progressivamente crescente. Una
volta che la lingua, controllata agli orari impostati, risulti allo spot in circa l'80Vo dei casi possiamo
cambiare gli orari ed immancabilmente ritroveremo la lingua di nuovo fuori posto. Ciò accade per-
ché il cervello si abitua a controllare 1a lingua in corispondenza di una certa ora, addirittura all'ini-
ziola lingua si posiziona allo spot solo dopo che è stata fatta la domanda; con il passare del tempo
comunque il subconscio fa la sua parte ed il paziente, senza accorgersene, solleva la lingua allo spot
in prossimità dell'orario di controllo. Questo è il motivo per cui ritroviamo la lingua fuori posto al
cambiare degli orari ed è il motivo per cui con il tempo, cambiando più volte gli orari, riusciamo a
tenere la lingua sempre a posto.
Dopo questa prima fase di controllo per così dire "orario" passeremo a controlli della lingua ef-
fettuati in modo più casuale. Inizialmente, chiediamo alla mamma o a chi è a contatto continuo col
paziente di caricare un "timer" con tempi più o meno lunghi, ma tali che il paziente non possa pre-
vederli con certezza, successivamente il controllo verrà effettuato quando bussano alla porta, allo
squillo del telefono e poi ancora se il paziente vede un'auto rossa, o una verde o una bicicletta e co-
sì via.
Accanto al controllo scritto aggiungiamo in questa fase quello che Gàrliner chiama il "cartello
del ricordo". Si tratta di un cartoncino con su disegnato un panino o un piatto pieno di spaghetti o al-
tro, da tenere sulla tavola avanti al proprio posto per ricordare di ingoiare bene durante il pasto. An-
che su questo è riportata la domanda "dove sta la lingua?" oppure I'esortazione "ingoia corretta-
mente".
Il paziente diverrà sempre più capace di tenere la lingua a posto, ma questo ancora non ci basta,
anche se a questo punto probabilmente un morso aperto sarà già chiuso, o il paziente non soffrirà più
di aerofagia, o sarà già da tempo in grado di ingoiare le sue pillole ed i suoi piedi saranno già più
equilibrati nell'appoggio e forse non piir piatti.
Questo sarà invece il momento di iniziare il controllo della fase notturna.
Il paziente, quando la sera va a letto, dovrà compiere dieci deglutizioni corrette, senza elastico
ed a labbra chiuse, tenendo la lingua a posto ed i denti serrati; dovrà anche stimolare il suo subcon-
scio al controllo ripetendo più volte: "questa notte la mia lingua starà a posto", "questa notte ingoie-
rò correttamente".
52
La terza fase della terapia: il condizionamento cerebrale
53
ffi
fll
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Caprror,o X
ln questi ultimi anni, f interesse per la Terapia Miofunzionale e per le altre terapie rivolte al ri-
pristino della salute globale dell'individuo si è molto sviluppato, con la conseguenza che molti si so-
no affacciati alle varie forme di rieducazione senza una preparazione specifica, ma solo con le noti-
zie ricavate da articoli, a volte scritti da persone non qualificate (e che spesso non sono neppure pra-
ticanti della materia) o addirittura solo per aver sentito dire qualcosa sull'argomento da colleghi più
o meno preparati.
Così è divenuto frequente il sentir dire "...questa terapia non funzional... I'ho provata una vol-
ta... e non ho ottenuto alcun risultatol". Ma quando si leggono articoli su riviste odontoiatriche che
riportano nozioni scorrette, quando si vedono fotografie, che dovrebbero spiegare come praticale un
esercizio e si notano erori grossolani di esecuzione si può facilmente comprendere come, chi si è
formato su questi articoli e su queste immagini sbagliate, non possa fare altro che andare incontro a
fallimenti scontati, dovuti in egual misura alla incompetenza di chi scrive ed alla ignoranza e alla
mancanza di discernimento di chi dovrebbe apprendere.
Nel caso della Terapia Miofunzionale, possiamo affermare che si tratta di una vera e importan-
te terapia, efficiente però soltanto quando vengono seguiti dei canoni rigorosi di apprendimento, con
tempi adeguati per assimilare i concetti e i controlli continui del grado di recepimento da parte dei
pazientr.
Basta pensare che nei nostri corsi, dopo ore dedicate all'insegnamento della corretta posizione
della lingua e della giusta collocazione degli elastici utlhzzatr per gli esercizi, oltre la metà dei par-
tecipanti, alla prova pratica, hanno necessità di essere corretti, pur avendo ascoltato quali siano le po-
sizioni da seguire e pur avendo visto innumerevoli diapositive che illustrano nella maniera più di-
dattica ed esauriente le tecniche di rieducazione. Ciò non significa certamente che i nostri allievi so-
no degli stupidi, ma che, nel passare dalla teoria alla pratica, occoffe spesso un tempo adeguato di
sedimentazione delle nozioni apprese. R chiaro che questo tempo manca quando si comincia il lavo-
ro di terapista avendo soltanto letto un articolo, per di più a volte incompleto o non esatto e si spie-
gano così i frequenti fallimenti ai quali anche noi, con la nostra presunzione di novizi, siamo andati
incontro all'inizio della nostra attività professionale.
Nella nostra pratica I'errore che più facilmente capita di riscontrare è una ercata disposizione de-
g1i elastici nel1a rieducazione della muscolatura linguale.
Vogliamo ancora una volta ricordare Tafunzione degli elastici: essi servono in una prima fase
55
Mtrntnle pratico tli Terapia Miofunzionule
51
Caprrolo XI
Strumenti diagnostici
Ciò che ha sempre distinto la Terapia Miofunzionale, come oggi viene praticata, dalle altre in-
numerevoli forme di rieducazione della muscolatura orale e periorale è l'utilizzo dimezzi atti a quan-
tificare il danno iniziale ed i miglioramenti ottenuti con il ffattamento. Quanto mai appropriato è il
concetto espresso dal padre della elettromiografia Bemard Jankelson che ha asserito: "Quello che
può essere misurato è un fatto, il resto è una opinione". Noi aggiungiamo: "Solo quello che è docu-
mentato è un fatto".
I1 concetto della "misuÍazioîe" nel lavoro del terapista miofunzionale è fondamentale' Ponia-
mo per un momento la nostra attenzione sul fatto che parte degli eventi, che noi vogliamo anahzza-
re e coffeggere, avvengono alf interno della bocca mentre le labbra sono chiuse, impedendoci un
controllo diretto; consideriamo inoltre che è molto facile sbagliare quando ci si basa soltanto su im-
pressioni personali e che inoltre, in assenza dt mezzt di misura e di visualizzazione, viene a manca-
re qualsiasi valore scientifico e la possibilità di comunicare in maniera credibile i nostri risultati a
chiunque si interessi per altri versi della stessa patologia.
Il problema maggiore che negli anni passati si è trovato a dover affrontare il terapista miofun-
zionale è stato 1o scetticismo che pervadeva sia i pazienti che gli interlocutori professionali messi di
fronte ad una terapianuova, "alternativa" e strana, che si proponeva risultati in campi disparati e mai
prima collegati insieme.
Il lavoro effettuato da Daniel Gàrliner in questo campo è stato davvero immane, spesso misco-
nosciuto o addirittura deriso, ma alla fine ha dato i suoi frutti. I1 merito maggiore di Gàrliner è stato
quello di aprire gli occhi ad una enorme quantità di persone: dentisti, logopedisti, fisioterapisti, oto-
rinolaringoiatri, per far loro vedere quello che avevano tenuto sempre sotto i propri occhi senza ac-
corgersene. Classica è ormai la sua espressione: "Ricorda che vedrai solo ciò che conosci!".
Il suo lavoro è stato nel tempo ripreso in Paesi lontanissimi come i1 Giappone, il Brasile, la Bo-
livia, il Perù, ma anche in Germania, in Olanda, in Gran Bretagna ed infine anche in Italia. Le ricer-
che compiute nei vari Paesi hanno trovato nell'Istituto per la Terapia Miofunzionale di Coral Gables,
in Florida, il punto di amalgama, di omog enerzzazione e di divulgazione. In questo modo si è ini-
ziato a guardare i pazienti in un modo sempre più comflefo e professionaTe, jn una parda molto più
"medico" ed il terapista miofunzionale è andato cambiando da una figura molto marginale dell'am-
bito sanitario a quella di un professionista estremamente qualificato e con cognizioni che devono spa-
ziare dall'odontoiatria all'ortopedia, dall'oculistica alla pediatria ed all'otorinolaringoiatria.
Perché tutto ciò avvenisse ci è voluto tempo, studio el'ttlhzzo di apparecchiature che potesse-
ro aiutarc nella valutazione del paziente prima, durante e dopo i7 trattamento.
M cm utt I e p rot i c () cl i Te ra p i ct M i ofu n:,i ct n u 1e
Gli strumentiutihzzati dalTerapista miofunzionale si dividono in due gruppi: quelli che occor-
rono per valutare il rnovimento linguale e quantificare lo squilibrio rnuscolare iniziale ed il miglio-
lamento durante la cura e strllmenti di valutazione degli eflètti della terapia al di fuori dell'ambito
orale e periorale.
I primi sono entrati a far parte del bagaglio del terapista in nn momento precedente ed ormai
sono indispensabili per una metodologia di trattamento corretta, i secondi f'anno parte dell'evolu-
zione della terapia, non più rivolta soltanto al compenso degli squilibri del distretto cefalico, ma
anche al riconoscimento delf influenza nociva di una postura linguale scorretta e di una sua alte-
rata motilità sulla dinamica posturale e sull'appo-egio plantare.
6t)
St runtenti tli agno stit, i
- -160 grammi.
La spinta linguale (Fig. 52) viene analizzata Fig. 5l - U,so deL ntost:cuuter pet
:rllicando sul sensore una finestrella forata nella bra
ól
Manuale pratico di Terapict Mioftmzionale
Apparecchi complementari
Oltre i tre strumenti ora descritti, altri stanno trovandosempre maggiore spazio nello studio di
Terapia Miofunzionale.
Si tratta di apparecchiature di vario tipo, più o meno sofisticate, che hanno lo scopo di ana-
Iízzare i segni extraorali di uno squilibrio oro-facciale, di una postura linguale scorretta, di una de-
glutizione viziata.
Lo scoliosometro (Figg. 55-55-bis) è lo strumento principale per lavrsuahzzazione di problemi
posturali a livello del capo, delle spalle, delle anche o delle ginocchia. Consiste in un telaio rigido
:
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"t,'iW
Fig. 55 - Scoliosometro Fie. 55-bis - Scoliosometro
62
St ru trtettti d ia gt tustici
collegato ad una piattaforma girevole. Al telaio sono collegati dei fih orizzontali che servono a po-
ter valutare la simmetria delle spalle, delle anche, etc. ed un filo perfettamente verticale (filo a piom-
bo), che ha lo scopo di individuare specialmente gli spostamenti della colonna vertebrale e del capo
rispetto all'asse centrale del corpo.
Con I'uso di tale strumento diviene quindi facile la diagnosi di una scoliosi, osservando il pa-
ziente frontalmente, o i problemi di anomalie delle curve cifotica e lordotica, guardando il paziente
in proiezione latero-laterale.
Per poter perfezionare la diagnosi completandola con un'analisi delle torsioni delle spalle e
del tronco in molti casi viene aggiunto uno specchio superiormente alla struttura, così da poter ve-
dere il paziente anche dall'alto.
Molto più semplice, ma valido per poter farsi un'idea dei problemi del paziente, è anche un fi-
lo a piombo (il cosiddetto asse di Barrè) legato centralmente allo stipite di una porta e dietro il qua-
le possiamo mettere il soggetto da esaminare.
Altro ausilio alla nostra diagnosi è il podoscopio. Si tratta di una sorta di sgabello il cui piano
superiore è costituito da un vetro retroilluminato che permette di evidenziare la superficie di ap-
poggio plantare, dandole una colorazione giallo-verde fluorescente (Figg. 56-56-bis). Precisiamo
che i nostri trattamenti non sono rivolti a priori al trattamento dei problemi di appoggio dei piedi,
ma essendo spesso tali problemi collegati agli atteggiamenti posturali della lingua e della mandi-
bola, ci siamo resi conto che spesso possiamo ottenere, con il nostro trattamento miofunzionale, dei
benefici anche in zone così distanti dalla bocca. Inoltre, se benefici ci sono, vale la pena di eviden-
ziarli per far rendere conto al paziente della nostra professionalità. Può sembrare strano che ci sia
necessità di mostrarsi sempre più qualificati, ma non dobbiamo dimenticare che la nostra è una for-
ma di terapia relativamente nuova, a volte applicata da personale, non sufficientemente esperto, in
maniera empirica e spesso i nostri pazienti sono reduci da esperienze con tecniche terapeutiche ap-
parentemente simili e risultate inefficaci. Ricordiamo che i nostri esercizi sono simili a quelli che si
trovano canonizzati in altre forme di fisioterapia orale e che ciò che differenziarl terapista miofun-
zionale dagli altri è il metodo fondato sulla diagnosi e sulla quantificazione del danno e dei risulta-
ti ottenuti con il trattamento.
63
"@"*,
@
Fig. 57 - Pedona baropodontetrica. Phisical Support ltalia Fig, 57-bis - Pedana stctbilometrico - Postaz,ione completa tli
podo.r c opio e s coli o s omet ro ( Chine.s port )
65
Cnpnolo XII
Concetti di Ortodonzia
Tra tutte le branche mediche che possono direttamente o indirettamente interessare il terapista
miofunzionale, I'Ortodonzia riveste un ruolo particolare. Infatti, sia per 1'età dei pazientt curati, che
in moltissimi casi è quella della secondarnfanzia e dell'adolescenza, sia per le peculiarità patogene-
tiche della patologia trattata, il paziente miofunzionale quasi sempre sta anche praticando o è in pro-
cinto di praticare un trattamento ortodontico.
Si intuisce quindi che, pur senza voler scendere in particolari, è opporluno che, colui che si appre-
sta a divenire terapista miofunzionale, abbia ben chiari dei concetti basilari della scienza ortodontica, al
fine di potersi meglio raccordare con il lavoro del collega ofiodontista, nella eventualità che sia in cor-
so un trattamento, o anche per poter stabilire i tempi (o come si dice adesso con un terrnine di uso co-
mune tl timing) dei vari interventi sia ortodontici che miofunzionali da prograÍlmare nel paziente.
La prima cosa da puntualtzzare è la cosiddetta 'oclasse dentatia".
La divisione dei vari tipi di occlusione in clas-
si si deve al padre dell'Ortodonzia moderna, E. H.
Angle. Questi distinse tre fondamentali categorie di
rapporti trale arcate dentarie di un soggetto, pren-
dendo come riferimento le relazioni spaziali inter-
correnti tra i canini superiore ed inferiore e tra i pri-
mi molari superiore ed inferiore. Nella Classe I
(Fig. 59) il versante distale (cioè posteriore) della
cuspide del canino inferiore, durante I'occlusione
prende rapporto con il versante mesiale (anteriore)
della cuspide del canino superiore. Egualmente, a
livello molare, il primo molare inferiore (sesto den-
te) si trova di una cuspide mesialmente (anterior-
Fig. 59 - I classe dentaria di Angle
mente) al molare superiore con I'apice della cuspi-
de mesiale del molare superiore che si inserisce tra le due grandi cuspidi del molare inferiore. Que-
sta è la classe dentaria alla quale appartiene I'occlusione ideale.
Nella classe II si distinguono due sottoclassi, I e II divisione. Nella classe II i rapporti tra i ca-
nini ed i molari sono alterati con una posizione anteriorrzzata dell'arcata superiore rispetto alla infe-
riore e quindi con il margine distale del canino inferiore che contatta il margine mesiale della cuspi-
de del primo premolare superiore (Fig. 60). Nella div. I gli incisivi superiori sono normoinclinati o,
addirittura, sventagliati in avanti.
61
Clprrolo XII
Concetti di Ortodonzia
Tra tutte le branche mediche che possono direttamente o indirettamente interessare il terapista
miofunzionale, I'Ortodonzia riveste un ruolo particolare. Infatti, sia per I'età dei pazienti curati, che
in moltissimi casi è quella della secondainfanzia e dell'adoleseenza, sia per le peculiarità patogene-
tiche della patologia trattata, il paziente miofunzionale quasi sempre sta anche praticando o è in pro-
cinto di praticare un trattamento ortodontico.
Si intuisce quindi che, pur senza voler scendere in particolari, è opportuno che, colui che si appre-
sta a divenire terapista miofunzionale, abbia ben chiari dei concetti basilari della scienza ortodontica, al
fine di potersi meglio raccordare con il lavoro del collega orlodontista, nella eventualità che sia in cor-
so un trattamento, o anche per poter stabilire i tempi (o come si dice adesso con un terrnine di uso co-
mune Il timing) dei vari interventi sia oftodontici che miofunzionali da programmare nel paziente.
La prima cosa da ptnttahzzare è la cosiddetta "classe dentaria".
La divisione dei vari tipi di occlusione in clas-
si si deve al padre dell'Ortodonzia moderna, E. H.
Angle. Questi distinse tre fondamentali categorie di
rapporti tra le arcate dentarie di un soggetto, pren-
dendo come riferimento le relazioni spaziaii inter-
correnti tra i canini superiore ed inferiore e tra i pri-
mi molari superiore ed inferiore. Nella Classe I
(Fig. 59) il versante distale (cioè posteriore) della
cuspide del canino inferiore, durante l'occlusione
prende rapporto con il versante mesiale (anteriore)
della cuspide del canino superiore. Egualmente, a
livello molare, il primo molare inferiore (sesto den-
te) si trova di una cuspide mesialmente (anterior-
Fig. 59 - I classe dentaria di Angle
mente) al molare superiore con l'apice della cuspi-
de mesiale del molare superiore che si inserisce tra le due grandi cuspidi del molare inferiore. Que-
sta è la classe dentaria alla quale appartiene l'occlusione ideale.
Nella classe II si distinguono due sottoclassi, I e II divisione. Nella classe II i rapporti tra i ca-
nini ed i molari sono alterati con una posizione anteriorizzata dell'arcata superiore rispetto alla infe-
riore e quindi con il margine distale del canino inferiore che contatta il margine mesiale della cuspi-
de del primo premolare superiore (Fig. 60). Nella div. I gli incisivi superiori sono normoinclinati o,
addirittura, sventagliati in avanti.
6l
Manuale pratico dí Terapia Miofunzionctle
Con grande frequenza il morso è coperto, segno di difficoltà di eruzione degli elementi dentali
dei settori laterali delle arcate, a volte dr carenza di sviluppo del ramo verticale della mandibola in
presenza di un angolo mandibolare (costituito dalla branca verticale e orrzzontale) chiuso.
In altri casi il morso può essere normale o anche aperto (quando la spinta anomala linguale non
è rivolta contro la premaxilla o contro la superficie palatina degli incisivi superiori, bensì tra gli in-
cisivi superiori ed inferiori).
La classe II divisione II (Fig. 61) è caratterrzzata invece da una inclinazione degli incisivi supe-
riori rivolta verso il palato, con diminuzione più o meno spiccata, ma sempre evidente, del diametro
antero-posteriore dell'arcata superiore. I1 morso è sempre coperto e ricerche di vari gruppi (tra que-
sti quello di P. Balercia e Zanchetta) hanno dimostrato una partecipazione fondamentale al determi-
nismo della patologia nella intromissione della lingua lateralmente tra 1e arcate dentarie in condizio-
ne di riposo e soprattutto durante la deglutizione. Alcuni casi sono determinati invece da difetti di
crescita della mandibola.
La classe III è caratterizzata da un rapporto molare e canino alterato nella direzione opposta. con
una mancanza dr contatto corretto tra i denti opponenti per un avanzamento relativo dell'arcata infe-
riore nei confronti della superiore fino ad arrivare a situazioni di inversione del morso nella regione
incisiva (Fig. 62).
Si possono riscontrare III classi scheletriche o funzionali. Le prime sono caratterrzzate da una
crescita in eccesso della mandibola rispetto alla
mascella, o da una maîcanza di sviluppo del ma-
scellare superiore nei confronti dell'inferiore, o an-
cora da un sommarsi delle due circostanze. Le III
classi funzionali sono invece carattedzzate da uno
spostamento in avanti della mandibola rispetto alla
mascella. E frequente, se non obbligatorio, che una
III classe inzialmente funzionale. in assenza di trat-
tamento, si trasformi in una III scheletrica.
L'evento causale della III classe funzionale è
probabilmente, nella stragrande maggioranza der
casi, la spinta linguale sulla superficie linguale an-
teriore della mandibola che determina una inver-
Fig.62 - III classe
68
Concetti di Ortoclonzia
sione precoce del morso con difficoltà di crescita della premaxilla e inclinazione scorretta degli in-
cisivi sia superiori (più verticali), che inferiori (inclinati in fuori e a volte sventagliati dal contatto ac-
clusale contro i superiori).
Nelle III classi già inizialmente scheletriche si rpotizzano come cause problemi di parto, che ab-
biano alterato la potenzialità di sviluppo dei mascellari superiori, iperfunzione dei centri di accresci-
mento mandibolari (ce ne sono sette dislocati lungo l'arco mandibolare) a causa di ereditarietà o di
una spinta linguale molto forte o di una macroglossia vera, che diano un impulso di crescita mag-
giore del normale; frequentemente, sono considerati fattori causali anche f ipertono o f ipertrofia dél
muscolo genioglosso presenti già alla nascita, il frenulo molto corto, la lingua anchilotica ed il suo
impianto basso sul pavimento orale. Nei casi di sviluppo normale del mascellare superiore e di ec-
cesso di dimensione mandibolare possiamo ritrovare un'arcata superiore normoconformata, con in-
clinazioni corrette degli incisivi o addirittura con diastemi, nell'arcata inferiore si possono riscontra-
re gli incisivi con inclinazione linguale, segno di una pressione esercitata dalla mandibola contro la
mascella durante la crescita o del labbro inferiore sulle corone dentarie.
È opportuno ora fare riferimento ad alcuni termini ortodontici che un terapista deve avere ben
chiari per poter dialogare con un linguaggio adeguato con i pazienti ed ancor piu con il medico re-
ferente o in generale con i colleghi.
Per Affollamento dentario (Fig. 63) si intende una malposizione dei denti di un'arcata che, per
mancanza di uniformità tra il perimetro dell'arcata ossea e le dimensioni dei singoli elementi denta-
ri, determina una impossibilità di allineamento dentario per caîenza di spazio disponibile.
I Diastemi (Fig. 6a) sono generati dalla situazione opposta: una arcata dentaria eccessivamen-
te grande nei confronti delle richieste di spazio determinate dalla somma dei diametri latero-latera-
li degli elementi dentali. Possono tuttavia essere presenti anche quando i denti, pur impiantati cor-
rettamente nell'osso, a causa della spinta linguale (che ricordiamo ha un andamento centrifugo, cioè
verso l'esterno) vengono ad essere sventagliati.
Quando un'arcata mostra un perimetro insufficiente per I'allineamento dentario, la cosa che si è
proposta con maggiore frequenza nei secoli passati ed agli albori dell'ortodonzia moderna è stata
quella di ridur:re il numero di elementi dentali finché fossero conformi alla dimensione della super-
ficie ossea destinata a contenerli. Con lo sviluppo deile possibilità tecniche e con il miglioramànto
delle conoscenze si è poi constatata la possibilità di espandere in molti casi le arcate, soprattutto la
mascellare, e di evitare in special modo i danni causati da una caÍenza di sviluppo dei diametri del
69
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
mascellare superiore che determina la posizione che viene assunta dalla mandibola, costretta a svi-
lupparsi in un recinto più piccolo di quelle che sono le sue richieste spaziali. Innumerevoli studi af-
fermano inconfutabilmente che, tra le cause più frequenti di patologia delle articolazioni temporo-
mandibolari, vi è l'estrazione dentaria dei premolari praticata a scopi ortodontici, cosa che dovrebbe
sempre spingere a perseguire la possibile espansione dell'arcata.
Da ciò si evince la frequente necessità di espansione palatina, soprattutto ai nostri giorni in cui,
come sappiamo, la deglutizione scorretta è quanto mai frequente e con essa il riscontro di palati dal
diametro latero-laterale ristretto.
Le possibilità di espansione sono affidate a vari gruppi di apparecchi di uso comune.
Il più immediato nei risultati è il cosiddetto Diastasatore o ERP (espansione rapida palatina)
(Fig. 65); si tratta di un apparecchio ortopedico che ha 1o scopo di sfruttare il fatto che la sutura in-
terpalatina si salda in un periodo quanto mai variabile che vatra i tredici e i trentacinque anni. L'e-
spansione fornisce una banda di tessuto al centro del palato che, con la sua ossificazione, permette
di incrementare il diametro e la lunghezzadell'arcata nel giro di quindici giorni o poco più (in di-
pendenza dello spazio da reperire); questa è la durata massima dell'espansione. Superato questo ter-
mine temporale non si avrebbe più un effetto ortopedico, cioè sull'osso, bensì dentario, a causa del
sopraggiungere nelle zone sottoposte a pressione (quelle di ancoraggio dell'apparecchio, che sono
generalmente i primi premolari ed i primi molari) degli Osteoclasti, cellule deputate al riassorbi-
mento osseo, che danneggerebbero la superficie vestibolare degli elementi dentali.
Quando si richiede una espansione soprattutto a livello dentario, modificando I'inclinazione de-
gli elementi rn arcata, si fa in genere ricorso ad una espansione lenta ottenibile con un apparecchio
in filo chiamato Quad-Helix (Fig. 66). Questo è costituito da un filo metallico solidarizzato a due
bande molari, in acciaio, che esercita una pressione energica, o in lega superelastica (molto usato il
nichel-titanio), che permette di applicare ai denti una spinta leggera e continua. Quando si voglia una
azione specifica a livello molare è ttihzzata anche la barra palatina (Fig. 67).
Un altro metodo frequentemente usato è quello di applicare su bande sia superiori che inferiori
un filo di acciaio variamente conformato chiamato Lip-bumper (Fig. 68), il cui scopo, oltre alla pos-
sibilità di agire direttamente, espandendo i molari su cui viene montato, è quello di impedire le pres-
sioni esercitate dalle guance sulle arcate favorendone quindi 1o sviluppo latero-laterale.
Più efficaci in questo si dimostrano vari apparecchi rimovibili denominati stimolatori o attivato-
ri di crescita, accomunati dalla presenza di scudi labiali di varia forma ed in varia posizione, tutti co-
Cutcetti di Ortodonzia
/l
C.q.prroI,o XIII
La Terapia Miofunzionale
nel trattamento dell'handicap
Esîratto dalla relazione presentata al Congresso Internazionale "Handicap today",
tenutosi in San Benedetto del Tronto nei siorni 26-29 Novembre 1998
A qualcuno potrebbe sembrare strano che in un Congresso incentrato sull'handicap possa tro-
vare spazio anche il terapista miofunzionale, soprattutto perché questa figura professionale, peraltro
a molti sconosciuta, viene a torto inquadrata come un supporto al logopedista o all'ortodontista.
Non c'è niente di più sbagliato. E vero che la Terapia Miofunzionale può aiutare nel trattamen-
to di problemi del linguaggio dipendenti da incoordinazione muscolare, è vero pure che è di grande
importanza il suo apporto nella prevenzione delle recidive orlodontiche, ma oggi, grazie agli studi
che si stanno portando avanti in varie parti del mondo ed al lavoro di sperimentazione che alcune
équipe vanno conducendo, si è giunti a poterla considerare un complemento al trattamento delle più
svariate patologie.
Come è noto a qualcuno, la Terapia Miofunzionale si interessa del riequilibrio della muscolatu-
ra orale e periorale, deif instaurazione di un pattern deglutitorio corretto ove questo manchi e so-
prattutto della riedu cazione della mu scolatura lin guale.
11 punto cruciale è proprio questo: il trattamento della lingua.
Più si analtzza il comportamento della lingua più ci si rende conto che questo insieme di mu-
scoli, che ci permetteremo di definire organo linguale, ha non solo delle capacità di funzione intrin-
seche, ma di condizionamento funzionale di caratterc generale enormi, tanto da farci affermare che,
dopo il cuore, si tratta dell'organo più importante delf intero organismo umano.
Basta pensare alla capacità della lingua di influenzare la masticazione e la deglutizione; la fo-
nazione; la respirazione, attraverso gli effetti diretti ed indiretti di una postura linguale alterata sulla
conformazione del palato (che è la base delle cavità nasali); I'udito, pef mezzo delle variazioni di
pressione nella deglutizione patologica che probabilmente, attraverso le tube di Eustachio, riescono
ad interessare l'orecchio. E c'e ancora da ricordare I'influenza sulla motricità oculare e l'effetto del-
ia lingua sull'occlusione e quindi sui problemi temporo-mandibolari, ma la capacità più incredibile
è quella di essere in grado di condizionare la mobilità delle ossa craniche (tanto cara agli osteopati)
e di influenzarela postura generale dell'organismo attraverso i suoi cambi di posizione.
I campi, quindi, nei quali un trattamento miofunzionale sembra svolgere qualche funzione tera-
peutica sono innumerevoli e tra i tanti alcuni sono legati in senso lato all'handicap.
E proprio su questi che focalizzeremo la nostra attenzione.
73
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
La Terapia Miofunzionale svolge un ruolo di notevole rilievo nel trattamento di diversi tipi di
handicap, sia acquisiti che congeniti.
Traumi cranici di grave entità, nei quali si sia avuta perdita di coscienza, sono spesso in grado
di fare dimenticare all'individuo i meccanismi della deglutizione corretta e la coordinazione dei va-
ri muscoli oro-facciali. Altrettanto riescono a fare altre patologie che abbiano comunque portato ad
un periodo di coma.
Anche patologie meno gravi, come ad esempio la paralisi del nervo Facciale, risentono in mo-
do positivo di una riabilitazione non fondata esclusivamente sulle tecniche fisioterapiche classiche,
ma che preveda I'utl7izzo della rieducazrone miofunzionale.
Un altro campo, in cui il trattamento miofunzionale può a volte mostrarsi risolutivo, è quello
delle ipoacusie di origine periferica, non dovute a lesioni del nervo acustico.
In molte di queste la perdita dell'udito può giungere anche al10l807o e probabilmente sono ge-
nerate da un aumento della pressione aerea nell'orecchio medio, conseguenza della pressione positi-
va che si instaura nei faringe durante la degiutizione vrziata. Un'altra ipotesi patogenetica fa risalire
questa forma di ipoacusia alla compressione della tuba di Eustachio, un'altra ancora a problemi di
natura "osteopatica" (difficoltà di funzione del muscolo Salpingofaringeo). Quale che sia la causa, il
trattamento rieducativo della deglutizione si dimostra spesso efficace per ottenere una restitutio ad
inîegrum delie capacità uditive.
Molti sono poi gli handicap congeniti che possono giovarsi di questa metodologia di trattamen-
to. Tra questi la Trisomia 21 (o morbo di Down) è un caso emblematico. Il trattamento di soggetti af-
fetti da questa patologia non è molto più impegnativo di quello di pazienti normali e le soddisfazio-
ni sono infinitamente maggiorr.I pazienti Down spesso fin da piccoli riescono ad eseguire gli eser-
cizi programmati, con indubbi effetti sulla postura linguale, sulla respirazione, sulla morfologia del-
le arcate dentaria. Anche la postura generale risente positivamente della rieducazione con ruddrizza-
mento delle spalle e assunzione di atteggiamenti più corretti e meno cadenti.
Importante ò il momento di inizio della Terapia, che deve essere il più precoce possibiie, al fine
di poter contrastare i danni causati dalf ipotonra generahzzata sullo sviluppo scheletrico.
A tal fine, anche prima di poter sfruttare la collaborazione del piccolo paziente, è opportuno co-
minciare a stimolare I'acquisizione di una postura linguale corretta tramite 1'uso di apparecchi adatti.
Gli apparecchiúlhzzabili sono di due tipi: apparecchi ostacoianti ed attivatori di funzione.
I primi svolgono un'azione di impedimento della spinta della lingua in basso ed in fuori, i se-
condi cercano di stimolare la propriocettività corretta delle strutture orali, aiutando le varie compo-
nenti muscolari a riconquistare il proprio tono fisiologico e la lingua a muoversi verso l'alto ed in
dietro.
Gli apparecchi ostacolantrla funzione anomala sono fondamentalmente costituiti da griglie fis-
se o mobili di varia foggia o da schermi anteriori. Essi hanno una efficacia dubbia perché non ga-
rantiscono che il soggetto cambi la postura e la funzione orale in maniera permanente e che quindi
la correzione perduri anche una volta rimosso l'apparecchio; a volte, addirittura, possono essere cau-
sa essi stessi di anomalie delle arcate dentarie determinate dalla spinta linguale che, indirizzata con-
tro I'apparecchio, si trasmette alle strutture di ritenzione dello stesso.
Più efficaci risultano gli attivatori di funzione che, anche se mantengono delle limitazioni date
dalla incostanza dr risultato (dipendendo quest'ultimo dal tempo dr apphcazione dell'apparecchio e
dalla risposta individuale del paziente), sono almeno scevri dal rischio di aggravamento della situa-
zione preesistente e spesso risultano in grado di modificare in maniera permanente I'atteggiamento
linguale a riposo ed in funzione, con i benefici conseguenti.
74
La Terapia Miofunzionale nel trattamento dell'handicap
(Fig'
Tra gli attivatori di funzione un ruolo imporlante è svolto dall'apparecchio di Castillo-Morales
della eruzione dentaria. Es-
70), che è applicabile fin dai primissimi momènti di vita e quindi ancor prima
(metacrilato di metile) con un arco
so, come -olti ,unno, è costituito di una piacca in resina metacrilica
Tali palline col ioro mo-
labiale sul quale sono inserite piccole, innumerevoli palline, che possono ruotare'
superiore' Nella
vimento determinano la stimolazione propriocettiva dell'orbicolare a livello del labbro
(una struttura libera
parle anteriore della placca palatina è possibile applicare la cosiddetta perla di Tucat
può essere nel tempo in-
di ruotare di varia grandezza,loppure pìaticare unforo di piccola dimensione che
linguale (Fig'
grandito o, come spesso avviene, un cercine rilevato, tale da stimolare la propriocettività
1r).
minima colla-
È comunque indispensabile che, non appena possibile, cioè non appena vi sia la pur
al fine di
borazione da parte del paziente, vengano aggluntl esercizi attivi di rieducazione muscolare,
consolidare o migliorare i risultati raggiunti.
Gli esercizi che trovano la maggiore indicazione sono quelli che insegnano il posizionamento
della lingua ed i vari esercizi di rinforzo delle labbra, attuati secondo la tecnica
tradizionale di Tera-
pia Mioiunzionale. In un secondo tempo, quando il tono sarà migliorato, si passerà alf insegnamen-
io di una deglutizione corretta, indispensabile per il mantenimento de1 giusto equilibrio muscolare'
pazienti
Ma le possibilità della Terapia Miofunzionale non si fermano soltanto ai trattamento dei
della lin-
Trisomici. ogni caso in cui vi sia un deficit di equilibrio muscolare o una postura scoretta
gua potrà essere trattato, in presenza della pur minima collaborazione; in alcuni casi
terapiste capa-
!i ,ono in grado di applicare con successo tecniche miofunzionali anche in caso di collaborazione
quasi assente.
Il risultato, che scaturisce dal miglioramento dell'equilibrio muscolare e già dal semplice mi-
è qua-
glioramento della chiusura della bocca, che come sappiamo, nei pazienti portatori di handicap
si invariabilmente aperta, ha spesso dell'incredibile o addirittura del miracoloso.
presso I'Istitutó per la Terapia Miofunzionale di Coral Gables, in Florida, il professor Daniel
dell'a-
Gàrlinerha ottenuto risultati strabilianti in vari casi di Distrofia muscolare sia congenita che
merito del tipo specifico di Distro-
dulto, da me personalmente seguiti e verificati. Senza entrare nel
fia, che oltretutto esula dalle mie competenze professionali, tuttavia, non posso fare a meno di ri-
a rotelle, cam-
marcare di aver osservato bambini, che fìn dalla nascita erano segregati su una sedia
erano do-
minare, co11ere e parlare in maniera quasi perfetta, ed adulti, che su una sedia a rotelle si
75
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
vuti sedere, abbandonando le proprie attività e abitudini precedenti, da questa sedia alzarsi per ritor-
nare ad una vita, se non normale, almeno accettabile.
Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo iniziato qualche esperienza con pazienti del genere, ot-
tenendo dei risultati incoraggianti.
76
Clprrolo XIV
Apparecchi ausiliari
per il trattamento miofunzionale
Nei casi di squilibrio muscolare oro-facciale ribadiamo che la Terapia Miofunzionale è I'unico
strumento che, utllizzato in maniera idonea, sia in grado di risolvere la patologia. Vi sono tuttavia ca-
si in cui, per la caÍefiza di collaborazione da parte del paziente, per la difficoltà di reperire un terapi-
sta sufficientemente affidabile o per altri motivi, bisogna far ricorso a strumenti sostitutivi o ausilia-
ri, che permettano di perseguire il raggiungimento di un risultato se possibile comunque valido.
Sono ancora oggi pufiroppo moltissimi gli odontoiatri e gli orlodontisti che pensano che un tîatta-
mento miofunzionale sia una inutile perdita di tempo e che tutto può essere risolto con l'uso di un ap-
parecchietto che impedisca alla lingua di provocare danni. Non c'è nulla di più sbagliato! Sarebbe suf-
ficiente misurare i vari muscoli per poter rendersi conto che un morso che si chiude non significa aver
recuperato una corretta funzione muscolare. Bisogna tener presente che i trattamenti ortodontici ven-
gono in genere praticati durante il periodo dello sviluppo del massiccio oro-facciale e che quindi, se du-
rante questa fase di crescita si impedisce alla lingua di esercitare la sua anomala pressione, nel periodo
successivo è più difficile che essa possa dare effetti eclatanti; tuttavia, questo rimanda soltanto il pro-
blema. Restando inalterato il meccanismo di movimento anomalo, bisognerà solo aspettare il momen-
to in cui il tessuto parodontale sarà più debole, come per una gravidanza o peî una osteoporosi preco-
ce o, ancora, per disordini otmonali. In quel momento si renderà evidente il danno a livello orale in tut-
ta la sua gravità.
Resteranno comunque presenti già dalf infanzra t:utte quelle disfunzioni muscolari che oggi so-
no additate come causa di disordini delle ATM (articolazioni Temporo-Mandibolari), di cefalea, di
problemi otorino, di squilibri posturali.
Non sempre tuttavia è possibile portare avanti un trattamento miofunzionale, come, ad esempio,
in molti casi di handicap o per I'irreqaifezza del piccolo paziente o per una mancanza assoluta di mo-
tivazione; a quel punto l'unica speranza di risultato è riposta nell'efficacia di un apparecchio che pos-
sa cambiare qualcosa nella funzione della muscolatura.
Molteplici sono gli apparecchi proposti nei vari testi di Tecnica ortodontica, molti quelli ideati der
innumerevoli studiosi, tutti ansiosi di poter liberarsi della necessità di collaborazione, che costituisce I'o-
stacolo maggiore alla pratica della terapia miofunzionale, ma innumerevoli sono state le delusioni ed a
tutt'oggi non esiste cerlezza di risultato nell'utilizzo di tali dispositivi.
Tralasciamo per ora -eli apparecchi che impediscono la funzione della lingua, dalle griglie agli
schermi che, se fissi, sono addirittura pericolosi perché la spinta linguale è in grado di dislocare i den-
11
M ctnuale p rotic r.) cli Te rup itt M iofun:ional e
78
3'i
I
#
A questi apparecchi vanno aggiunti la serie di
apparecchi di utilizzo comune nei pazienti affetti
da handicap di varia natura. Essi hanno 1o scopo di Fig. 75 - Placca di memoria di Castillo-Morales
migliorare la propriocezione e rndirizzare ia iingua
verso lo spot; tra questi i più noti ed usati sono gli
apparecchi tipo Castillo-Morales, le Perle di Tucat
o di Michel e la placca forata.
Laplacca di memoria di Castillo-Morales (Fig.
75) è una placca in resina caÍattenzzata dalla presen-
za a livello del palato di un cercine rilevato del dia-
meÍo dil-rc mm, che ha la funzione di stimolare il
sollevamento della lingua allo spot. La superficie ve-
stibolare della placca in corrispondenzadel labbro su-
periore presenta una serie di perline o di piccole olive
con la funzione di stimolare la propriocezione. Quan-
do, come spesso accade, la placca è preparata per un
lattante ancora privo di denti, sarà molto simile ad una Fig.76 - Placca per lattante
placca protesica dotata di un margine che a livello
della superficie labiale si presenta ispessito (Fig. 761. È molto usata in pazientrportatori di handicap, spe-
cie nei Down.
La"perla di Tucat" (Fig.77) e quella di Petit (Fig.78) sono apparecchi palatini dotati di
",+,
t
É
k F
't9
Manuale pratico di Terapicr Miofunzictnole
81
Cnprrolo XV
83
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
tecipare con un ruolo completamente attivo, si tratta di una terapia di "auto-aiuto", con il terapista
che aiuta il paziente ad aiutare se stesso. La responsabilità viene divisa; se il paziente lavorerà come
il terapista gli ha insegnato, il suo squilibrio muscolare si normahzzerà, altrimenti i migiioramenti sa-
ranno minimi o, in casi estremi, inesistenti. Sfortunatamente, non esiste una cura miracolosamente
rapida, il procedimento è relativamente lungo, considerando che viviamo in un'epoca dove siamo
abituati ad avere tutto e ad averlo subito.
Nell'epoca della tecnologia in cui viviamo non siamo più abituati ad aspettare; la richiesta di
perseveranza è molto meno necessaria, ma è proprio questa qualità che voi chiedete al vostro pa-
ziente di mostrare. Ciò porta a considerare che se volete raggiungere i risultati finali del programma
terapeutico dovete fare tutto ciò che è nelle vostre possibilità per aiutare i vostri pazientr; nul1a si de-
ve lasciare di intentato, ogni piccolo aspetto de11a terapia deve essere analizzato per assicurare che ai
vostri pazientr venga dato il massimo incoraggiamento per sviluppare la maggiore collaborazione
possibile.
Dico questo perché ogni paziente è differente dagli altri. Per alcuni pazientr è fondamentale un
aspetto, per altri qualcosa completamente diversa farà la differenzatra successo e fallimento, così dove-
te essere preparati per tutti ed avere la soluzione per ciascuno. Leggendo questo capitolo, qualcuno po-
trebbe obiettare che è troppo aspettarsi che un terapista debba analizzare le sue capacità attraverso così
tanti dettagli, ma la mia risposta è che se quel terapista si sarà pienamente dedicato ad aiutare tutti i suoi
pazienfr, non solo quelli o'fac1lr" e crede con tutto il cuore in quello che fa, sarà preparato afaretutto quel-
lo che sarà necessario per tîattarc in modo soddisfacente quanti più pazienti è possibile. Gàrliner affer-
mava che gli insuccessi alla fine dipendono dal terapista, se voi tenete questo in mente la vostra respon-
sabilità verso i vostri pazienti diviene enolane, ma diviene anche una sfida enoÍnemente eccitante; que-
sto non vuol dire che in ogni caso il terapista deve assumersi tutte le responsabilità del trattamento per-
ché possono esserci circostanze e situazioni che esulano dalla sua conoscenza e competenza.
Cosa è la motivazíone?
Per definirla in modo semplice possiamo dire che la motivazione è come una energic a îorza inter-
na che incoraggia una persona a seguire un percorso stabilito per raggiungere un obiettivo preciso; più
importante è considerato l'obiettivo, più l'individuo è preparato a raggiungerlo. Bisogna considerare
che il raggiungimento dello scopo prefissato richiederà un costo. 11 costo è irrilevante, potrà richiedere
molto o poco sacrificio, la cosa importante è che questo costo, alto o basso che sia, resti per quella per-
sona inferiore al desiderio di raggiungere il risultato. È una semplice equazione matematica.
84
Lo moÍivazione in Terapia Miofunzionale
- Motivazione estrinseca.
- Motivazione intrinseca.
che ciò che accade al
La motivazione estrinseca dipende da circostanze esterne, il che significa
prima' è che una
pazienteavrà influenza sui livelii di motivazione. Il problema, come ho accennato
stimolerà 1a motiva-
.oru po,r.bbe motivare un paziente e qualcos'a1tro completamente differente
zione in un altro, cosicché dovete pensare a tutto'
può esistere anche
La motivazione intrinseca è una forza interna che spinge ad andare avanti e
in assenza di incoraggiamenti esterni. In questo caso (che potrebbe essere il caso
de1 pianista citato
momentaneamente il livello di
sopra) le cose che succedono intorno pot unno, se gravi, ridurre solo
motivazione per poi permettere una ripresa completa'
in tutti i casi
Sfortunatamente, per voi terapisti, per quanto riguarda la Terapia Miofunzionale,
1a motivazione dei vosìri pazrentr sarà di natura estrinseca,
e ciò significa che come terapisti abbia-
un livello di motivazione
mo una responsabilità enoime nel promuovere e soprattutto nel mantenere
sufficientemente alto per cominciare e portare a termine il programma
tefapeutlco'
sono:
Le strade che holdentificato per aiutare a creare questa motivazione estrinseca
- La figura della teraPista.
- L'ambiente.
- La metodologia.
- 11 progresso o successo della terapia.
trattata al-
(La terapista, essendo il più importante di questi quattro aspetti da considerate, sarà
la fine).
L'ambiente
dove verrà fatta la te-
Una delle prime cose notate dal nuovo paziente è l'aspetto fisico del luogo
che' durando il pro-
rapia. Non è ,ólo p", l'effetto de1la prima impressione, ma anche per il fatto
gà*-u terapeuticò circa un anno, vi è necessità che il posto dove verrà svolta la terapia sia piacevo-
ie perché il paziente passerà lì gran parte del suo tempo durante I'anno.
deve rispondere a
Non è necessarià uu-r" un u-pio e meraviglioso studio, ma in ogni caso esso
"Centro di terapia Mio-
criteri di piacevol ezza edessere adeguato alle necessità del paziente. Noi, al
funzionale,, ora abbiamo due studi accoglienti, ma per i primi anni abbiamo
dovuto adattarci in due
piccoÌe stanze scure e deprimenti. Nonostante questo svantaggio siamo stati capaci
di migliorare
I'atmosfera tenendo in considerazione i seguenti punti:
"nor-"-"nte
- Luce.
- Musica.
- Colori.
- Display tposter).
- Elemento solpresa.
- Necessità di distrazione fisica.
- Rilassamento dei Pazienti.
85
Manuale pratico clí Terapia Miofunzionale
Luce
Come ho accennato sopra, il nostro pdmo studio era piccolo e scuro così abbiamo sentito che era
impofiante usare quelle speciali lampadine che simulano la luce solare e specchi per sfruttare la luce
riflessa, modificando così I'atmosfera per niente attraente. Un piccolo inciso, sebbene il nostro primo
studio fosse abbastanza scuro, ricordo che la succursale dell'Istituto, che Gàrliner aveva a North Mia-
mi Beach, era in un palazzo che non aveva affatto finestre, per cui suppongo che dovevamo sentirci
abbastanza fortunati!
Musica
Sentiamo che è importante incoraggiare un ambiente di serenità.
Molti dei nostri pazienti anivano per la prima volta con idee molto vaghe di ciò che faremo con
loro. Sanno che devono essere fotografati con i soli indumenti intimi indosso e qualcuno di essi può
sentirsi un po' ansioso per questo. Essi spesso non ci conoscono, essendo stati indirizzafi da altri me-
dici e si preoccupano di come saranno trattati. Molti di essi non hanno affatto le idee chiare sul per-
ché si trovano da noi eccetto che il proprio dottore ha detto loro di farsi visitare presso il nostro cen-
tro. Alcuni di loro sono stanchi di essere mandati da uno specialista all'altro senza trovare una ri-
sposta alle loro esigenze e quindi sono già dubbiosi sulla possibilità di essere capitati finalmente dal
medico "giusto" e temono che si tratti di una ulteriore delusione e spesa inutile. Qualsiasi sia il mo-
tivo, anche se non c'è una ragione specifica, la prima volta in un nuovo studio medico tende a ren-
dere le persone ansiose. Con un po' di musica rilassante in sottofondo il disagio potrebbe essere di-
minuito ed il paziente si sentirà più rilassato.
La musica ha la capacità di aiutare a diminuire le conseguenze dello stress e promuovere un sen-
so di benessere; non ci sono effeni collaterali e fisicamente e mentalmente una persona può essere
aiutata mentre la respirazione rallenta, i muscoli si rilasciano, i battiti cardiaci diminuiscono e si ac-
quista una percezione di se stessi. Ricerche condotte presso I'Università di California hanno mostra-
to che la musica ha il potere di stimolare i centri nervosi che noi usavamo prima di sviluppare il lin-
guaggio; infatti, la base del concetto di musico-terapia è che un rapporto sonoro è creato con il mon-
do fin dall'interno dell'utero materno così rappresentando una specie di linguaggio più intuitivo e
semplice delle parole. Questi suoni influenzano la produzione di endorfine, che sono responsabili del
senso di benessere.
Anche se per adesso al "Centro di Terapia Miofunzionale" non usiamo la musico-terapia per
marTcaîza di un terapista qualilicato, i pazienti che potrebbero ricevere benelici da un trattamento
musico-terapico sono:
- Pazienti autistici.
- Pazienti Down.
- Pazienti stressati.
- Pazienti disturbati emotivamente.
- Pazienti con difficoltà di apprendimento.
- Pazienti con problemi comportamentali.
- Pazienti sofferenti di depressione.
- Pazienti con problemi psicomotori.
in questo settore
Per chi non si interessa di musica e non ha una conoscenza abbastanza ampia
possiamo, in linea di massima, consigliare musica classica del periodo "barocco": Bach, Vivaldi,
Haendel, Tartini, e musica moderna NewAge per rilassare. Mozart sarà indicato per stimolare la reat-
86
La motivazione in Terctpia Miofunzionale
tività cerebrale, non sono invece consigliati i "romantici" come Chopin, Wagner, etc. che facilmen-
te possono coinvolgere in pensieri melanconici.
Colori
A tutti piacciono i colori; nessuno vuole vivere in un mondo in bianco e nero.
Colori brillanti possono significare gioia, allegria; colori pastello possono significare tenerezza
e serenità; tendiamo a considerare grigio e nero come colori tristi (o a volte, nel caso del nero, sedu-
cente). Una cosa è certa, i colori fanno una differenza nella nostra vita, quindi in relazione al tipo di
ambiente che volete creare, scegliete i colori adeguati.
Immagino che la maggioranza di voi non abbia la possibilità di tinteggiare il proprio posto di la-
voro, però, come abbiamo fatto noi con il nostro primo piccolo e scuro ufficio, potrete aggiungere i
colori, montando de1le tende, mettendo un tappeto pieno di colore sul pavimento, aggiungendo dei
cuscini colorati sulle sedie, o enormi beanbag (grossi sacchi colorati pieni di poiistirolo, originaria-
mente erano fagioli, da cui deriva il nome) sui quali i bambini possono affondare confortevolmente.
Ricordate che i vostri pazienti frequenteranno il vostro studio per un tempo relativamente lun-
go, quindi fate quello che è necessario per renderlo piacevole per loro. Anche senza essere cromo-te-
rapeuti, si può essere attenti ad ttthzzare nello studio colori che abbiano la capacità di rilassare o di
dare una sensazione di benessere o anche stimolare.
Per rilassare sono consigliati i colori pastello, per motivare all'azione colori primari o brillanti;
questo è il motivo per cui ltrlizziamo sempre materiali in colori vivaci e fluorescenti.
Dísplay (poster)
Poster educativi, appesi nella sala di attesa, possono essere molto utili per mostrare che vi inte-
ressate del vostro ambiente di lavoro e dei vostn pazientt sia vecchi che nuovi. A parte il fatto, che
per creare un poster occoffe tempo, il fatto che vi possiate dedicare alla sua preparazione fa capire
che vi applicate con molta cura al vostro lavoro, cioè che c'è da parte vostra una vera dedizione ed
entusiasmo per 1e vostre attività. I poster possono anche servire come strumento iniziale per I'ap-
prendimento. Come ho già menzionato prima, molti pazienti arivano allo studio con poche idee di
che cosa tattalaterapia miofunzionale, o ancora peggio, forse credono di sapere tutto, di cosa si trat-
ta e cosa si cura, quando poi I'informazione è erronea o incompleta. Tramite i nostri poster (che do-
vrebbero essere sostituiti frequentemente per essere davvero efticaci) noi possiamo avere un primo
contatto con i nuovi pazienti e far ricordare ai vecchi pazientr i concetti di base nel caso che si siano
così coinvolti praticamente nel fare gli esercizi che dimenticano il motivo per il quale li fanno. Se i
nostri poster non sono soltanto informativi, ma uti-
lizzatr anche per lodare singoli pazienti, mostrando
pubblicamente nella sala di attesa i vari successi
raggiunti, diventano strumenti motivazionali non
solo per il singolo paziente che è stato Todato, ma
anche per gli altrt pazienti, che stanno cercando di
raggiungere lo stesso risultato per essere anche es-
si menzionati per il loro sforzo o per il loro pro-
gresso (è importante che vengano soprattutto pre-
miati gli sforzi piuttosto che i successi, perché è
ovvio che un bambino con problemi di handicap,
ad esempio, troverà più difficoltà a raggiungere il
successo, ma dovrà essere premiato per I'impegno
profuso). I nostri poster (Fig. 83) includono le foto Fig. 83 - Posîer c'on.foÍo dei pazienti
81
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
di tutti r pazienti in trattamento durante l'anno per fare sentire ognuno non solo, ma parte di
un enor-
me gruppo di persone che, affette dallo stesso problema, cercano la stessa soluzione.
euesto è moti-
vante anche per un paziente nuovo che visita il nostro studio per la prima volta; vedendo
tante facce
di varie età sorridenti alle pareti si sente immediatamente incuriosito e rassicurato.
Ovviamente i poster possono anche aiutare a rendere più attraente e colorato 1o studio,
creando
un posto di lavoro allegro e interessante con relativamente poco impegno personale
e, da un punto di
vista pedagogico, promuoveranno sensibilità estetica verso il colore, là forma, la consisten
,u,lu
posizione (Figg. 84, 85). "o^-
e
ii cryallo imbizzarrito per f arla ritornare dentro
Elemento sorpresa
Vi ricordo ancora che i vostri pazrenti frequenteranno 10 studio per un tempo molto lungo e per
questo motivo dobbiamo aiutare a mantenere costante I'interesse cambiando piccole cose
nella sala
di attesa, modi di fare terapia, musica che facciamo ascoltare, video che moitriamo, riviste che la-
sciamo a disposizione dei pazienti, il modo di otgamzzare le poltroncine in sala di attesa, i giochi
a
disposizione dei piccoli, libri, poster, ecc. (Fig. 86).
Non ci vuole molto da parte del terapista per raggiungere questo risultato di mantenimento di
interesse, ma aiuta molto a debellare la monotonia
di frequentare lo studio. Sono utili anche piccole
cose, come offrire ai pazientt una fetta di torta o
portarli fuori per una przza per provare insieme co-
me ingoiare con l'elastico e sdrammatizzare la si-
tuazione, fare una sessione di gruppo di tanto in
tanto, in modo che pazienti delia stessa età possano
conoscersi ed essere motivati, sapendo di non esse-
re soli a praticare la terapia e sentire la sfida di te-
nersi in linea con gli altri del gruppo. Mettere espo-
sto un segnale "lingua a posto" di tanto in tanto nel-
la sala di attesa, accertandosi che venga rispettato
da tutti mentre attendono il loro turno di fare la te-
Fig. 86 - Giochi e libri per bambini rapia. Creare una lotteria mensile nello studio. do-
88
La rnotit,azktne in Terapia Miofunzionale
89
Manuale pratico di Terapía Miofunzionale
La metodologia
È necessario rendere chiaro che la Terapia Miofunzionale può diventare monotona e impegnati-
va trascorso del tempo e, come abbiamo già detto prima, il bambino è in genere già impegnato in
molte altre attività e potrebbe sembrare troppo pretendere che sopporti anche questa.
Se la terapia miofunzionale fosse meno importante certamente questo sarebbe vero, ma qui stia-
mo parlando di un programma terapeutico completo, che avrà un effetto non soltanto nell'area oro-
facciale, ma anche su elementi così fondamentali tipo come iragazzt cresceranno, vedendo come noi
quotidianamente abbiamo esperienza del legame innegabile tra posizione della lingua e postura, po-
sizione della lingua e appoggio plantare, posizione della lingua e livelli ormonali, posizione della lin-
gua e problemi dell'orecchio, respirazione orale e capacità di concentrazione e rendimento scolasti-
co, squilibrio muscolare e problematiche oculari.
Presso il nostro Centro consideriamo la Terapia Miofunzionale alla stregua di una qualsiasi altra
forma di fisioterapia per la nablhtazione, ad esempio di un braccio o di una gamba fratturati (nessun
genitore penserebbe mai di non portare un proprio figlio una o due volte la settimana per quanto tem-
po è necessario, essendo la rilevanza del trattamento immediatamente ovvia e non importa quanto mo-
notono o pesante il trattamento sia, ma il genitore poÍerebbe il figlio con la forza, se occorre, alle se-
dute di terupia essendo considerato giustamente una priorità). Così deve essere anche per la Terapia
Miofunzionale. I genitori saranno convinti se la prima visita è condotta correttamente e risulta suffi-
cientemente completa e i concetti chiave sono continuamente ripetuti durante I'anno di trattamento. I-
90
La motivazione in Terapia Miofunzionale
tempo occoffente per fare gli esercizi sarà trovato sia dai bambini che dai genitori se le implicazionr
del trattamento sono da loro pienamente comprese. I motivi di ogni esercizio devono essere capiti
chiaramente; bisogna sapere perché si è assegnato un esercizio particolare e non bisogna mai avverti-
re la sensazione di seguire un programma standardizzato e comune a tutti ipazienti.
Gli esercizi devono perciò essere chiaramente personalizzati e si dovrebbe controllare spesso se il
paziente ricorda perché sta facendo quello specifico esercizio - non bisogna aver paura di ripetersi, c'è
troppo rischio nel non farlo, è così facile per il terapista presumere che il paziente ed i genitori sappia-
no quello che stanno facendo senza sentire la necessità di spiegare di nuovo i vari concetti. Talvolta, pa-
ziente e genitori si perdono dentro quella che per loro è I'enormità del programma di esercizi, in que-
sto caso è utile fare, ogni quattro settimane, una sessione di motivazione da alternare alle sedute di te-
rapia, dove tutto il tempo è dedicato alla motivazione del genitore e del bambino, misurando i musco-
li, ricapitolando il lavoro già fatto e anticipando il lavoro ancora da fare, rivedendo e valutando la col-
laborazione del paziente, sottolineando i progressi ed i successi raggiunti dalpaziente, e gratificando il
paziente con un premio, se lo si giudica opportuno. Il premio dovrebbe essere di norma la ricompensa
agli sforzi compiuti dal paziente durante il mese e non deve tenere necessariamente conto dei risultati;
pensiamo che debba essere tenuto in considerazione anche I'atteggiamento critico del paziente verso il
proprio lavoro; chiediamo sempre ai nostri pazientr un giudizio sul proprio impegno, la propria capaci-
tà ed il progresso ottenuto. Questa è una buona idea perché si tratta di un buon indicatore di problemi
motivazionali che, qualora comparissero, potrebbero ostacolare il nostro lavoro. Se, per esempio, come
terapista vi sembra che la terapia stia procedendo bene, mallpaziente sente che non sta procedendo co-
me vorrebbe o che i progressi che egli si attende non sono evidenti, questo potrebbe renderlo insicuro
con una perdita di fiducia in quello che sta facendo. Se, comunque, siete abili nelf individuare la pre-
senza di questo tipo di problema potrete cominciare immediatamente ad accrescere la sua fiducia inve-
ce di aspettare che I'insicurezza cresca, rendendo più difficoltosa la risoluzione del problema. Lo stes-
so atteggiamento può essere applicato, al contrario, a quei pazrenîr che pensano che tutto vada bene
mentre voi non siete soddisfatti. In questo caso il paziente può divenire più disattento nel seguire il pro-
gramma di esercizi, credendo che non ci sia problema, e così diviene necessario ptntuahzzare che de-
ve sforzarsi di migliorare le sue abilità per assicurarsi il risultato sperato. Come nel caso precedente, più
velocemente ci si rende conto del problema e meno tempo si perde, più rapidamente si riesce a ripor-
tare il pazrente sulla strada maestra. Siccome consideriamo questa specie di tattica motivazionale come
un regolo dei progressi del paziente, questa sessione di motivazione deve essere considerata e pratica-
ta, come detto prima, ogni quattro sedute, ricordando di numerare la prescrizione degli esercizi asse-
gnati ad ogni appuntamento e stabilendo che ad ogni quarla prescrizione corrisponde una seduta di va-
lutazione; in questo modo non si corre il rischio di dimenticare e tralasciare questa parte così impor-
tante del programma motivazionale. I risultati di ogni seduta di valutazione della motivazione veffan-
no riportati nella scheda del paziente e paragonati di mese in mese con i precedenti. Non bisogna mai
dimenticare queste cose perché occupati a prenderci cura soltanto degli esercizi, ed invece ogni aspet-
to del problema deve essere sempre sotto controllo del terapista. A questo punto sento la necessità di ri-
cordare che dalia seduta mensile di motivazìone effettuata col paziente ii terapista potrebbe valutare sia
la propria capacità di porsi in relazione alpaziente ed ai genitori, sia la validità degli esercizi prescritti
e le eventuali difficoltà che possa essersi trovata di fronte, trattando pazienti particolari. (Se necessario
potrebbe ricorrere alla videoregistrazione de11e sessioni per identificare, isolare ed analizzarc ogni sor-
ta di problematica di natura personale, di comunicazione o motivazionale. Su questo torneremo nel ca-
pitolo "Comunicazione efficace").
Non potrete mai evitare di essere "oppressi" dalle continue richieste dei pazienti e dei loro geni-
91
Manuale pratico di Terapia MiojùnzioncLle
Progresso e successo
Questa sezione è strettamente collegata con il precedente discorso sulla metodologia ed anzi è
una parte integrante della metodologia utthzzata dalla terapista miofunzionale coscenziosa. Essendo
una parte "fondamentale" della metodologia, abbiamo preferito trattarla separatamente per sottoli-
nearne adeguatamente l'importanza. La filosofia che sottende questa sezione è semplice: quando co-
minci a far bene qualcosa tendi a sentire I'importanza delf impegno profuso e ad essere gratificato
che il lavoro duro effettuato abbia pagato, in tal modo ti senti portato a spingerti più avanti per rag-
giungere un nuovo obiettivo. Un impedimento alla motivazione è I'insictrezza, che insorge quando
il paziente non sa come 1a terapia stia procedendo, o peggio ancora lo scoraggiamento ed il sentire
che non si raggiungerà mai il traguardo ed il problema non troverà soluzione. Se il paziente non co-
nosce le varie tappe, attraverso 1e quali bisogna passare per raggiungere 1o scopo, è facile che possa
essere preso dallo scoramento; se non sa che ci sono sedici muscoli nella lingua che devono tutti po-
ter funzionare per poter ottenere una corretta postura linguale ed una buona mobilità, può sentirsi per-
plesso sul fatto che ci voglia tanto al raggiungimento del risultato, ma se sa perfettamente in quale
93
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
punto del programma di trattamento si trova e quale è la strada da seguire, sentirà tutto più sotto con-
trollo e realrzzabile. Bisognerà ritornare mensilmente a rivedere le foto ed i modelli precedenti, e fa-
re un riesame delle sofferenze iniziali e dei problemi e valutare se i dolori sono ancora presenti o se
le cose stanno migliorando. È importante riprendere la cartella dove nella prima visita sono state ri-
portate tutte le problematiche iniziali e ripercorrere le varie voci punto per punto.
È importante non solo vedere i miglioramenti, ma poter valutare anche rapidamente se le cose
non stanno andando bene da un qualsiasi punto di vista. Si tratta di un modo efficace per conferma-
re la validità del programma assegnato, o per valutare se gli esercizi sono stati fatti a casa in manie-
ra soddisfacente, per vedere se c'è qualche sorta di blocco psicologico verso la terapia o il terapista
etc. Bisogna sapere il più presto possibile se c'è qualsiasi tipo di difficoltà per poter cominciare ad
analizzare cosa si può fare per risolvere il problema. Se il paziente vuole (ed in genere è così!) si pos-
sono rendere pubblici i suoi progressi e successi, mostrando le sue foto o descrivendo i risultati nel-
la sala di attesa. Fare in modo che i pazienti sappiano dei risultati ottenuti da altri pazienti che ven-
gono trattati contemporaneamente a loro e con gli stessi metodi perché questo è molto incoraggian-
te per quelli che sono in attesa dei propri risultati. Uelogiare un paziente in sala di attesa davanti agli
altri pazienti mentre egli è presente può essere molto gratificante (ovviamente dovete sapere se il pa-
ziente gradisce condividere le sue esperienze miofunzionali). Di solito, troviamo che r pazienti par-
lano in ogni caso della loro terapia e così fanno i genitori, ma qualche volta non dicono tutto quello
che potrebbero dire dei risultati ottenuti, concentrando di più il discorso sulle difficoltà incontrate nel
praticare gli esercizi. E compito del terapista aiutarli a concentrarsi sui successi ed enfatizzare che
proprio in conseguenza di questo duro lavoro stanno raggiungendo tali incoraggianti risultati. Se i
pazientr si convincono che facendo gli esercizi raggiungeranno senz'altro gli scopi prefissati, in al-
tre parole che la terapia garantisce il successo se gli esercizi sono eseguiti esattamente come pre-
scritto, la collaborazione verrà molto incrementata. Rivedendo il costante miglioramento di tanti pa-
zientr (le fotografie dei pazienti devono essere sostituite con frequenzaper mostrare che ci sono mol-
ti, molti pazientr che stanno ottenendo risultati) gli altri pazientr si convinceranno e si sentiranno in-
coraggiati ed estremamente orgogliosi una volta che anche i loro risultati saranno ptbblicizzati.
Un altro importante aspetto per la motivazione è un incontro periodico con il medico che ha in-
viato il pazrente (non appena ci sarà qualcosa da mostrargli!). Se 1o inviterete allo studio con il pa-
ziente presente per mosffargli il miglioramento e spiegare i prossimi passi si sentirà gratificato (e spe-
ro bene impressionato! Specialmente se egli ha ancora una esperienza limitata sulle possibilità della
terapia miofunzionale) dal fatto che è stato tenuto presente e considerato come la persona che ha ca-
pito il problema ed ha inviato il proprio paziente nel posto giusto. Egli farà una bella figura e man-
derà altri pazienti, sapendo che essi sono in buone mani e che egli stesso non perderà il contatto con
il suo paziente né, peggio ancora, rischierà di perdere il proprio paziente se il terapista lavora in un
altro studio dentisticol Il paziente è a sua volta contento di essere coinvolto nel suo stesso migliora-
mento per essere stato scrupoloso nel fare gli esercizi ed il suo medico è stato testimone dell'elogio
che gli è stato fatto.
Se un incontro con il medico referente non è possibile bisognerà, alla presenza del paziente, te-
lefonargli o scrivergli una lettera per riferire i risultati ottenuti.
Il terapista
Consideriamo 1e qualità che un terapista deve necessariamente possedere per essere valido. Que-
sta è una lista redatta da vari bambini su come vorrebbero fosse il loro terapista ideale. Tra tutti i va-
94
La rnotívazione in Terapia Míofunzionale
- L insegnante fa domande.
(pazienti).
- Accogiie le opinioni e le sensazioni degli studenti
- Considera le idee dei Pazienti'
- Elogia ed incoraggia i progressi dei pazienti.
Roseshine e Furst nel l9l3 riguardo a chi insegna, identificarono cinque caratteristiche associa-
te con costanza all'aumento dei risultati da parte degli allievi:
- Professionalità.
- Amichevolezza.
- Accettazione del Paziente'
- Disponibilità.
- Potere personale, che intendo come carisma e abilità a dominare.
Sono sicura che almeno in teoria sarete tutti d'accordo su come dovete essere mentre lavorate
con i pazienti, ma I'aspetto che dobbiamo considerare adesso è che spesso INTENTO non è 1o stes-
so che CONSEGUIMENTO, volendo significare che spesso tutte le nostre buone intenzioni
non ven-
95
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
gono messe effettivamente in pratica o perché siamo pigri e non vogliamo dedicare il tempo neces-
sario a migliorare le nostre capacità, nel qual caso forse il mestiere di terapista miofunzionale non fa
per noi, dal momento che, come avete visto, per fare veramente bene questo lavoro bisogna essere
generosi nel dare tempo; o perché non vi accorgete di come realmente siete nei confronti dei vostri
pazienti, perché qualche volta quello che ci proponiamo di fare, o come vogliamo presentare noi stes-
si, non è in effetti quello che accade. Come si può giudicare obiettivamente senza essere influenzati
dalle proprie intenzioni, dopo la seduta, la qualità della propria performance? Senz'altro sarà possi-
bile avere qualche idea di come le spiegazioni date siano state recepite e se il paziente abbia avuto
una reazione positiva verso di voi, ma I'esperienza potrà essere comunque una distorsione dei fatti
influenzata da molti fattori; quanto si è stati occupati, il vostro entusiasmo, se eravate stanchi, se ci
sono state interruzioni, ecc. Qualche volta senza rendercene conto assumiamo modelli di comporta-
mento negativi, che possono dare agli altri un tipo di messaggio scorretto, o influenzare negativa-
mente le nostre buone intenzioni originali. L'intento non è sufficiente a provocare il raggiungimento
del risultato auspicato, così con questo in mente il prossimo capitolo sarà dedicato alla disamina di
come intendiamo la comunicazione efficace.
96
Crprrolo XVI
La comunicazione efficace
9',7
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
è trascritta esattamente così come è stata detta (una trascrizione letterale selettiva può essere fatta se
necessario in dipendenza di quale aspetto della perfoÍnance debba essere anahzzato - spiegazioni,
dizione, risposta del paziente, suggerimenti non verbali, ecc.).
Il vantaggio di trovare il tempo per fare questo può essere riassunto in questa lista:
-focalizza la vostra attenzione su ciò che dite alpaziente e su quello che il paziente dice a voi;
- fornisce una registrazione obiettiva, non interpretativa del vostro comportamento comunicativo,
che può essere anahzzato anche dopo che l'esperimento è terminato (è impossibile ricordare perfetta-
mente quello che è accaduto). In una seduta di terapia reale accadono così tanti eventi verbali e non
verbali in pochi secondi che è possibile dimenticarne la maggior parte prima di poter riflettere sulla lo-
ro efficacia;
- permette di riflettere su un aspetto specifico della comunicazione per volta, dando più possi-
bilità di fare piccole modifiche, che perrnettano di rendere più gestibili i miglioramenti (anziché af-
frontare tutti i problemi in una volta) e di incoraggiare sempre nuovi aggiustamenti.
Una registrazione permette dr anahzzare i più vari aspetti della vostra capacità.
98
La c otttunicctzione effic ctc e
strato generalmente dal contatto oculare e dal capo leggermente inclinato verso
il terapista, con gli oc-
parlare, mentre un paziente an-
chi spalanc ati, tmpaziente di partecipare e aspettando una occasione per
Una faccia senza
noiato e disinteressato spessó si sdraia sulla sedia, dando quasi le spalle al terapista.
espressione, con le palpebre leggermente chiuse, I'agitarsi, indicano che il
paziente vorrebbe essere da
cambiare tat-
qualche altra parte. Mónitorando i pazienti in questo modo vi aiuterete a valutare quando
che insistere nel-
tiche - è vitale fermarsi e cambiare attività, o metodo immediatamente, da1 momento
al ri-
la speranza di un miglioramento porterà alla inevitabile frustrazione del paziente ed eventualmente
fiuto di voi e di conseguenza della terapia.
parla-
Ovviamente ii paziente riceve da voi lo stesso tipo di messaggi il che significa che se voi
te con voce piatta e monotona, evitando i1 contatto degli occhi, guardando il pavimento, state
dicen-
do al pazienie che vi infastidisce dover fare terapia con lui e che non siete interessati a come andrà
ia terapia. Lo stesso accade se non date 1a massima attenzione al paziente di fronte a voi e fate
due
cose conremporaneamente anziché occuparvi completamente di lui ed il messaggio che date è la
mancanza di interesse che diverrà presto contagiosa.
A questo punto vi indico una lista di pochi suggerimenti per sviluppare modelli di comporta-
mento non verbale in grado di dare luogo ad una comunicazione efficace'
corporeo appropriato. Il con-
-Tbcco.Abbiate cura di avere con il vostro paziente un contatto
un
tatto tattile è I'omologo dell'accettazione o de1l'approvazione. Una semplice pacca su1la schiena,
bacio di saluto se è i1 caso, una carezza su un braccio saranno accettati nello spirito dell'intenzione.
Senz'altro vi saranno occasioni in cui il contatto tattile non sarà indicato e meglio sarebbe che, se
qualcuno di voi non è contento di instaurare un rapporto tattile, allora è opportuno evitarlo per non
trasformare una occasione positiva in un fatto negativo.
e concentratevi su di essi mo-
- Contatto visivo. Siate aperti ed onesti verso i vostri pazienti una
strando sincerità ed interesse. È soltanto quando vi guardate negli occhi con un'altra persona che
reale base per la comunicazione può essere stabilita. L'evitare furtivamente il contatto degli occhi
in-
stilla nell'altro una maficanza di fiducia, rendendolo ansioso e a disagio. Siate in grado di leggere i
messaggi non verbali inviati dal paziente. Se questi, mentre parlate, o parla egli stesso, chiude
gli oc-
chi per un tempo prolungato si tratta di un gesto inconscio che capita quando una persona vorrebbe
evitare di vedervi perché comincia ad annoiarsi o a provare disinteresse verso di voi o si sente supe-
riore a voi. paragonato al normale tasso di battiti delle palpebre di sei-otto per minuto di conversa-
zione, gli occhi si chiudono e restano chiusi per un secondo o più come se la persona volesse can-
cellarvi per un momento dalla sua mente.
Non è importante soltanto I'intensità dello sguardo, ma anche la zona che si guarda.
A1lan pease, I'autore dr Bocly language ed insegnante di Tecnica di Comunicazione per molte
or ganizzazi oni interna zionali, ha ricono s ciuto tre s gu ardi div ersi
:
- lo sguardo professionale,
- lo sguardo sociale,
- 1o sguardo intimo.
I primi due tipi sono di nostro interesse.
Lo sguardo professionale è quello rivolto al triangolo compreso tra il centro della fronte e le pu-
pille. Volgendo lo sguardo in questa zona si viene percepiti dall'altro come persone serie ed anche
quello chà diciamo viene accettato come cosa seria. Uno sguardo simile mantenuto nel tempo man-
tiene viva f interazione con 1'altro.
99
Manuale pratico di Terapia Miofunz.ionale
Lo sguardo rivolto alla zona compresa tra le pupille e il centro della bocca determina l'insor-
genza di una forma di socializzazione inconscia nel nostro interlocutore; veniamo percepiti in una
maniera amichevole.
Lo sguardo professionale è importante durante la prima visita per fare accettare le nostre spie-
gaztoni facendole riconoscere come vere ed importanti; allo stesso modo èutllizzato durante le se-
dute di terapia per iliustrare gli esercizi ela motivazione ad eseguirli.
Lo sgttardo sociale viene ttthzzato durante le gratificazioni del paztente che ha ben lavorato, nel
benvenuto alla studio, nell'apertura e nella chiusura della seduta terapeutica per supportare ed inco-
raggiare gli sforzi del paziente.
Lo sguardo intimo è invece da evitare nella maniera più assoluta nello studio. Consiste nel guar-
dare la zona compresa tra gli occhi ed il seno o il collo, a distanza ravvicinata, e gli occhi ed il pu-
be, quando si è più distanti; esso comunica interesse verso I'altro e se ricambiato significa reciproci-
tà di interesse. È anche da evitare perché tra due donne può significare un giudizio sull'altra.
Ricordiamo che ben l'877o delle informazioni che raggiungono il cervello segue la via ottica. Quan-
do illustrate il vostro programma terapeutico annotando gli esercizi sulla ricetta, la ricerca mostra che il
paziente assorbirà direttamente solo ll25-30Vo del vostro messaggio. Per mantenere il massimo control-
lo del suo sguardo ed incrementare il suo assorbimento del messaggio è utile aiutarsi sollevando la pen-
na che stiamo usando fino a livello degli occhi.
- Spazio ftsico. La distanza tra terapista e pazrente ha un valore comunicativo riconosciuto. Sta-
re troppo lontani, magari con una scrivania tra di voi, dà la sensazione al paziente che voi vi sentiate
superiori a lui, e che volete creare una separazione tra voi e lui. D'altro canto, stare troppo vicini può
farlo sentire in una posizione non confortevole ed a disagio. La regola suggerisce che si dovrebbe sta-
re tanto vicini da essere conforlevoli senza arrivare ad intimidire il paziente. Prenderemo in conside-
razione le varie distanze esistenti tra due persone che parlano tra loro, per aiutare a scegliere le di-
stanze consigliabili da tenere nello studio. Ci riferiamo agli adulti.
- La distanzadella zona intima è compresa tra i 15 ed i 45 cm e dovrebbe essere evitata nello studio,
perché 1e persone guardano a questa zona come di proprietà, cioè sono portate a considerare proprie le co-
se comprese in questo spazio. Solo le persone emozionalmente vicine possono accedervi.
- La zona personale è compresa tra r 46 ed r 122 cm ed è riservata alle riunioni sociali ed ami-
chevoli. Probabilmente una volta che la terapia rnrzia può essere considerata una distanza accettabi-
le da mantenere.
- Espressíone facciale. Le vostre espressioni facciali, e quelle mostrate dal paziente di fronte a
voi, sono fondamentali per capire le vostre sensazioni nei riguardi dell'altro, dell'altro verso di voi e
della situazione che si è venuta a creare. Le vostre espressioni facciali devono essere incoraggianti
ed è questo il motivo per cui devono essere anahzzate con I'uso di video così da divenire consci del-
I'effetto che hanno sui pazienti. Un sorriso, un cenno del capo, uno sguardo possono incoraggiare e
mostrano interesse. Uno sguardo accigliato, o un sopracciglio sollevato, uno sbadiglio trattenuto etc.
ovviamente sortiranno 1'effetto opposto.
- Postura corporea. Come posizionate il corpo in relazione ai pazienti? Vi chinate verso il pa-
ziente mostrando il vostro interesse o vi buttate indietro sulla sedia con le braccia conserte sul petto
lasciando capire che avete già sentito tutto e siete annoiati a sentirlo ancora? Coprite parti del vostro
volto con le mani facendovi apparire insinceri? Mantenete la testa con la mano mostrando la vostra
noia, o vi agitate nell'attesa di finire la giornata di lavoro? Anahzzate il vostro linguaggio corporeo
ed eliminate ogni cosa che dia un messaggio negativo ai vostri pazienti.
100
La comunícazione efftcace
L'assumere posizioni, fare gesti, usare parole simili a quelle del vostro interlocutore (Allan Pea-
se la chiama immagine a1lo specchio) predispone ad un'apertura ed accettazione da parte dell'altro.
- Aspetto. Siete vestite in maniera conveniente per il lavoro? (costituirete una distrazione se
metterete in mostra le gambe o una scollatura esagerata e non apparirete molto professionali!). Se in-
dossate una divisa (non ltthzzate abiti bianchi o verde chirurgico poiché questi colori tendono ad
avere un effetto negativo sui bambini) essa è pulita ed ordinata? Ricordate che un aspetto non cura-
to sarà legato indissolubilmente nella mente dei vostri pazienti con un atteggiamento negligente. I
vostri capelli sono puliti e ordinati, sono altrettanto curate le vostre unghie ed i vostri denti? Avete le
scarpe pulite? I1 vostro trucco è discreto e professionale? Ricordate che sarete giudicati dai pazienti
e dai genitori che vogliono che rispondiate alle loro aspettative di avere una terapista adeguata per il
loro figlio.
- Comportamento verbale
Come abbiamo detto prima, non sono soltanto le parole reali che usiamo che sono imporlanti,
ma piuttosto il modo in cui le usiamo. Qui ci vogliamo dedicare ad osservare le parole che usiamo
rn realtà. Usando la trascrizione letterale presa dal video sarete voi stessi in grado di analtzzare se le
spiegazioni date erano adeguate, se le parole usate erano adatte per quel particolare paziente; ora pe-
rò vorrei considerare le tecniche di rinforzo verbale. Fate un uso adeguato degli encomi? Noi tutti
abbiamo bisogno di un riscontro per sapere quanto stiamo diventando capaci in una nuova pratica.
L'elogio o la riprovazione ha un effetto sulla motivazione del paziente. Uencomio può cambiare I'at-
teggiamento ed il comportamento e può promuovere un'autoimmagine positiva e sviluppare I'auto-
stima. Certamente, comunque, un suo abuso può diminuire il suo potere per cui al riguardo siate cer-
ti di farne un uso equilibrato.
Tecniche di rinforzo verbale
- Una parola come ad esempio buono, eccellente, splendido, ecc., può esser un efficace stru-
mento per aumentarcla partecipazione del paziente.
ooun
- Premiare gli sforzi con frasi come "ottimo sforzo", "bel lavoro", buon tentativo".
- Indicazioni dei criteri sui quali basiamo i nostri giudizi "era buono perché hai posizionato gli
elastici correttamente". Il paziente deve sapere esattamente perché è elogiato.
- Cercate di usare il nome del paziente più spesso possibile in un modo naturale e spontaneo
mentre parlate con lui così che il nome, usato in maniera amichevole, promuova un'atmosfera felice
e rilassata ed un senso di complicità.
- Quando è necessario criticare o riprendererlpazíente criticate le azioni e non il paziente per
evitare risentimenti o rinunce da parte del paziente. Spiegare perché è necessario criticarlo e mante-
nere sempre un' atmosfera positiva.
- La critica è vitale quando è considerata necessaria per il fondamentale bisogno del paziente di
partecipare alla sua terapia. Se è necessario per ottenere i risultati che auspichiamo, dobbiamo esse-
re sicuri che gli esercizi siano fatti correttamente. La cosa importante è che le critiche siano CRITI-
CHE COSTRUTTIVE.
101
Mantrale pratico di Terapia Miofunzionale
- I vostri pazienti mostrano conoscenza e comprensione della loro particolare disfunzione mu-
scolare (per esempio sono in grado di conoscere gli stessi problemi in compagni o in gente famosa)?
- I vostri pazienti mostrano un comportamento autonomo nell'imparare cose nuove (ad esempio
modificando in maniera logica un esercizio in modo che continui a rimanere efficace e nel contempo ri-
sulti più facile da eseguire)?
- I vostri pazientt mostrano comportamenti sia vebali che non verbali che indicano un atteggia-
mento positivo verso di voi come terapista (sono aperti e liberi con voi)?
- Mostrano un atteggiamento positivo verso se stessi come pazienti? (sono entusiasti, fiduciosi,
disciplinati, ecc.)
- I vostri pazienti presentano problemi di comportamento durante le sedute di terapia? (sbadi-
gliando continuamente, stiracchiandosi, muovendosi in maniera irrequieta, evitando il contatto con
gli occhi ecc.)
- I vostri pazienti si mostrano attivamente coinvolti nell'apprendimento delle informazioni im-
portanti durante le sessioni di terapia? Fanno domande?
Con quest'ultimo paragrafo ritengo di avervi fornito una piccola base che possa aiutarvi ad ini-
ziare I'attlità di terapista con uno sguardo rivolto non solo agli esercizi ed alla pratica clinica, ma
anche a quanto può migliorare la vostra capacità di condur:re in porto una terapia con soddisfazione
reciproca vostra e del paziente. Spero di aver fomito uno spunto di riflessione a quanti di questa te-
rapia si occupano già da tempo e che, forse perché presi dalla routine, o per una sorta di superficia-
lità discendente dallo scoraggiamento di dover lavorare con pazienti che a volte non ascoltano, pos-
sono ritrovare nel leggere queste pagine uno stimolo a riprendere coraggio e voglia di fare.
Perché questo capitolo possa risultare utile occorre che la vostra preparazione si sviluppi attra-
verso tre momenti.
1) Parte cognitiva. Con la lettura viene formato il concetto delle abilità da sviluppare.
2) Parte pratica. È come per un pianista, ascoltandolo sembra tutto facile e naturale, invece al-
le spalle c'è stata molta pratica e molte prove.
3) Parte valutativa. Si deve controllare se all'intento è seguito il risultato e, se no, che cosa si
deve cambiare o migliorare.
STUDIO TEORICO
DETTEABILITA
OSSERVAZIONE
PERFEZIONAMENTO
DELLA MESSA IN PRATICA
DELLE PROPRMABILITÀ
DELLE TEORIE
VALUTAZIONE ESERCITAZIONE
DELTEABITITÀ
<- DELLEABILITÀ
r02
Caprror-o XVII
Acufeni: Sensazioni di avvertire suoni sordi, metallici, bassi o alti, spesso continui, non con-
nessi ad un suono reale.
Articolazione: Connessione di due ossa tra loro, è caratterizzata dall'rdea di mobilità più o me-
no evidente. Termine usato anche in logopedia per definire la formazione del suono.
Articolazione Temporo-mandibolare: È costituita dalla cavità glenoide dell'osso Temporale e
dal condilo mandibolare con f interposizione del menisco interarticolare.
Anchilosi: Perdita della capacità di movimento di un'articolazione, per estensione del termine,
di mobilità della lingua per un frenulo estremamente corto.
assenza
Apparecchio ortodontico: mezzo mobile o fisso di ripristino della conformazione delle arcate den-
tarie e dell'orientamento degli elementi dentali.
Arco plantare: o arcata plantare.Insieme di legamentt utllizzati per mantenere in tensione le
strutture ossee del piede. Le arcate plantari sono tre: longitudinale mesiale - dal primo metatarso al
calcagno, longitudinale laterale - dal quinto metatarso al calcagno; trasversa - dal primo al quinto
metatarso.
103
Manuale pratíco di Terapia Miffinzionale
Diadococinèsi: Dal greco Diadochos "che succede" e kinesis "movimento". Capacità di ese-
guire rapidamente movimenti antagonisti, in contrapposizione con Adadiococinesi.
Diagnosi: Riconoscimento di una malattia e sua classificazione nosologica.
Diagnosi differenziale: Discriminazione diagnostica tra malattie presentanti alcuni aspetti sin-
tomatologici simili.
Diastasi palatina: Espansione rapida del palato operata ortopedicamente attraverso un appa-
recchio provvisto di una vite centrale che, ruotata per mezzo di un'apposita chiave, porta ad un di-
stacco delle due superfici palatine orizzontali con aumento del diametro trasverso. Nello spazio crea-
tosi viene a prodursi nuovo tessuto osseo.
DÍastema: Spazio abnorme creatosi tra due o più elementi dentali.
Dislessia: Disturbo della lettura.
Disfagia : Al terazione, difficoltà della de glu trzione.
Disfonia: Nome generico dei disturbi della fonazione di carattere organico o funzionale.
Emiplegia: Paralisi di un lato del corpo. (Arto superiore ed inferiore).
Epiglottide: Fibrocartilagine mobile, posta sotto la base della lingua, davanti all'apertura supe-
riore del laringe, che chiude al momento della deglutizione, onde evitare che vi penetrino degli ali-
menti.
Facies: Aspetto o atteggiamento della faccia caratteristico di una determinata malattia o sindro-
me e dipendente da alterazioni a carico dello scheletro, della muscolatura, dei nervi, dei tegumenti,
dell'inorazione sanguigna, del trofismo, dell'idratazione, della pigmentazione dei tessuti, etc.
Fasico: Dell'attività del muscolo caratterizzata da movimento.
Flaccido: Debole o abnormemente rilassato.
Frenulo: Una struttura generalmente membranosa o fibrosa che diminuisce o inibisce la mobi-
lità di una parte altrimenti mobile.
Glottide: Lo spazio tra le corde vocali.
t04
Dízíonarío dei termini di pertinenza del terapista miofunzionale
105
C.q.prror,o XVIII
La Terapia miofunzionale è frequentemente vista soltanto come un ausilio nel trattamento orto-
dontico o come un presidio terapeutico accessorio nella rieducazione del paziente affetto da proble-
matiche inerenti la sfera del linguaggio, ma non è così. Come abbiamo già visto, è spesso utiie asso-
i
ciare la TMF alle tecniche fisioterapiche applicate nel trattamento degli handicappati e molte volte
risultati vengono molto affrettati o migliorati.
La TMF è però indispensabile nel trattamento di innumerevoli altri problemi-
Non dimentichiamo che nella patogenesi dei disturbi temporo-mandibolari da incoordinazione
condilo-meniscale la deglutizione scorretta gioca un ruolo fondamentale per la capacità di influen-
zarelaforma del palato e la dimensione verticale dell'occlusione. I professori Gelb e Slavicek' mas-
simi cultori della gnatologia, pur seguendotndirrzzi terapeutici differenti, sono concordi nell'affer-
mare I'imp ortanza del riequilibrio muscolare e della meccanica deglutitoria per ottenere la massima
stabilità dal trattamento riabilitativo.
llutr]irzzo della rieducazione miofunzionale nella prima fase del trattamento temporo-mandibo-
lare è sempre consigliabile quando 1a patologia dolorosa non costringa ad tn ttrltzzo rntziale di pre-
sìdi meccanici che diminuiscano la pressione intra-articolare.
11 ripristino della funzione muscolare è in grado infatti di eliminare uno dei fattori
causali più
importanìi nelle malposizioni mandibolari che è determinato dalla intromissione della lingua tra le
arcate dentarie a mo'di bite naturale;nel momento della intercuspidazione,la mandibola viene a spo-
starsi più in alto del dovuto per la scarsa dimensione verticale determinata dall'impedimento costi-
tuito dalla lingua alla corretta eruzione dentaria, si avrà così un innalzamento e posteriottzzazione del
condilo con tutti i danni connessi.
Ma è anche possibile diminuire o eiiminare latendenza a bruxare che è forse la maggiore re-
sponsabile dei danni articolari causati da11'eccesso di pressione intra-articolare originata dalf iperto-
no di masseteri e temporali. Lo schiacciamento del menisco ne provoca con maggiore facilità la di-
slocazione. Nel ripristino della funzione dato dalla terapia, i denti veffanno ad incontrarsi tra i sei ed
i venti minuti nelle ventiquattro ore con la conseguenza che anche una malocclusione o la presenza
di precontatti perderanno la loro rilevanza.
Restando nel campo de11a pratica odontoiatrica, il trattamento miofunzionale trova la sua mag-
giore appli cazione nella riabilrfazione protesica di pazienti totalmente edentuli. In questi soggetti in-
iatti t'equitibrio delle forze che agiscono nella bocca deve essere tenuto sotto il massimo controllo;
107
Manuale pratico di Terapia Miofunzionale
non si può sperare che una protesi si mantenga al suo posto se le spinte operate su di essa da parte
della muscolatura orale e periorale non sono coerenti con la stabilità protesica.
Una lingua che ad ogni deglutizione, o nel pronunziare le consonanti dentali, vada ad esercita-
re una pressione contro gli incisivi, determina una mancanza di tenuta della protesi che viene ad es-
sere spinta verso I'esterno della bocca. Innumerevoli sono i pazienti che sentiamo affermare'. "La
dentiera va bene, ma. appena ingoio un sorso di acqua o dico una parola, si muove!". A volte occor-
re una riabilitazione globale della muscolatura, spesso basta conoscere il problema e ricorrere al-
I'accorgimento di creare una fossetta o un piccolo cercine a livello dello spot artificiale della prote-
si ed invitare rl paziente ad imparare a posizionare la lingua su di esso per ottenere una stablhzza-
zione "miracolosa".
Altrettanto importante risulta I'impiego della Terapia Miofunzionale nel paziente affetto da pro-
blemi parodontali, cioè con danni al tessuto di supporto dei denti: osso alveolare, legamento paro-
dontale e gengiva.
È incredibile che ancora oggi, a distanza di oltre tr1ezzo secolo dai primi riscontri scientifici,
molti, peraltro affermati parodontologi, non tengano assolutamente in considerazione la spinta lin-
guale nella genesi di molte problematiche parodontali, avendo ancora presenti i loro ormai vetusti
concetti della placca e del trauma occlusale come uniche cause di una parodontopatia e continuino a
praticare i loro ottimi interventi, spesso purtroppo con risultati inferiori alle attese perché anche un
ignorante completo della materia se fa funzionare il suo cervello è in grado di capire che una spinta
laterale su di un elemento dentario è in grado di provocare più danni di una pressione verticale o dia-
gonale. È inoltre lapalissiano che un oggetto qualsiasi, infisso anche per un tratto molto esiguo in un
materiaie duro e alquanto compatto, non sia soggetto a movimenti se non sollecitato e che nella boc-
ca non esiste forza orrzzontale maggiore di quella esercitata dalla lingua o dalle guance.
Non a caso quando siamo ricorsi alla rieducazione miofunzionale in pazientí, anche estrema-
mente compromessi parodontalmente, siamo riusciti ad ottenere risultati oltre le nostre più rosee
aspettative, con riparazioni ossee migliori ed a volte spontanee non riscontrate con trattamenti tradi-
zionall Con ciò non vogliamo dire che la chirurgia parodontale non serve, anzi affermiamo che può
dare molto più di quanto siamo abituati a vedere se viene associata, ove occorra, alla inibizione del-
le pressioni anomale che si generano in una bocca che presenti uno squilibrio muscolare evidente.
Lo stesso discorso si può fare per la chirurgia implantare. Un impianto ha, nei confronti del den-
te naturale, ancora maggiore necessità che tutte le pressioni presenti in bocca siano equilibrate e cor-
rettamente rndirizzate, pena I'insuccesso. È quindi estremamente importante che nel progettare una
riabilitazione protesica su impianti, un piccolo spazio nella cartella venga lasciato alla valutazione
della deglutizione e dello squilibrio associato. Oltre tutto, con le tecniche di intregrazione correnti vi
è un lasso di tempo di vari mesi durante i quali I'impianto, messo a dimora, non riceve ancora solle-
crtaziom così da poter lasciare tempo al tessuto osseo di integrarsi con esso. Questo periodo potreb-
be essere il migliore per rieducare la muscolatura mentre il paziente viene tenuto sotto controllo del-
la guarigione chirurgica, evitando di caricare f impianto fin quando l'equilibrio muscolare non sia
consolidato. In tal modo potranno essere evitate la maggior parte delle controversie susseguenti al
fallimento di una protesizzazione.
Ma la Terapia Miofunzionale trova applicazione anche in altri settori della pratica medica che
non vengono in genere collegati con uno squilibrio muscolare o con problemi di deglutizione.
Un caso evidente è quello del russamento. Il paziente che russa è un paziente che spesso pre-
senta un frenulo corto e sempre una postura linguale scorretta. L'eltmtnazione della causa anatomi-
ca ed il ripristino dell'equilibrio muscolare compromesso sono forieri di successo certo.
r08
ProblemitrattatìconlaTerapiaMiofunz'ionalenelnostroCentro
dif-
Il cosiddetto ..bolo isterico" è un altro esempio di patologia dalf inquadramento diagnostico
in modo improprio, se non franca-
ficile per la maggior anza dei medici e che viene spesso ttattata
mente scorretto.
questo è stata in passato collegata agli
Interessa soprattutto donne intorno ai quaranta anni e per
la menopausa, soptattutto quelli
atteggiamenti psicologici che accompagnano il periodo precedente
a carattere dePressivo.
sia solidi che liquidi, anzi
Si inizia con tenden za ad avere difficoltà di ingestione degli alimenti
anziché quella dell'esofago; da
facilmente gocce di liquidi tendono a prendere la strada del laringe
istanti ad ogni de-
qui si passa ad avvertiie una sensazione di soffocamento che persiste per alcuni
che' non sapendo assoluta-
giutizione. A questo punto la paziente, in genere, si rivolge al medico'
problema a livello laringeo o ad un
mente cosa fare, la rinvia ad un otorino sospettando un eventuale
che possa agire meccanicamen-
endocrinologo Se presume la presenza di una patologia della tiroide,
te osrruendo il passaggio del fibo. Lo specialista di iolito non
individua alcunché di anomalo e così
paziente. Si aniva così dallo psi-
ci si orienta per un possibile problema c'he coinvolga 1a psiche della
sono ostruzioni anatomiche il pa-
chiatra che non può fare altrò che avvalorare il fatto che se non ci
ziente ha necessità di un tfattamento di riequilibrio psicologico.
che il proble-
Iniziala somministrazione di ansiolitici, antidepressivi etc., con la constatazione
(perché il soggetto non ri-
ma peggiora sempre più e c'è perciò la necessità di aumentare le dosi
sponde alla terapia). I1 paziente non rispoderà mai perché la causa
di tutto sta nella incordinazione
peggiorata nel tempo con il coin-
muscolare che, iniziatu-"on rrnu semplice deglutizione scorretta, è
La genesi di tutto può spie-
volgimento della muscolatura faringea e del iuo movimento peristaltico.
garsi in due parole nel modo seguente.
infatti la
Il paziente ingoia male e per questo motivo i tempi di transito del bolo sono alterati; se
per ottenere la deglutizio-
lingua compie un movimento ài spinta rivolto verso I'esterno del1a bocca,
del mentoniero. Questa attiva-
ne occoffe il coinvolgimento dei buccinatori, dell'orbicolare e spesso
zione permette al tolo Ol essere spinto verso il faringe, ma il tempo
per il passaggio è prolungato per
riflessa, peristaltica,
cui, quando il cibo arriva al faringe, il costrittore superiore, nella sua attivazione
a livello faringeo, fin tanto che
è già contratto. Ciò provoca p.. on attimo un uu-"rrto nella pressione
non sopravviene il rilasciamento successivo alla conffazione; solo allora
il cibo potrà fluire in basso'
Essendo quindi la patogenesi del problema di natura squisitamente ed
esclusivamente funzionale, so-
1o un,adeguata rieduc *ion" deila deglutizione è in grado
di ripristinare i giusti tempi. La sommini-
parte dello psichiatra non fa al-
strazione di farmaci ad effetto diretto o indiretto sulla muscolatura da
dipende dal tono esistente
tro che peggiorare la situazione perché indubbiamente la risposta muscolare
mentre quelli ipo-
nei singoli muscoli; così i muscoli ipertonici risentono ben poco del medicamento
muscolare'
tonici daranno una risposta enorme con un conseguente incremento deilo squilibrio
"sindrome del-
Un altro problema trattato nel nostro studio con succeso è quello della cosiddetta
con la particolare innervazio-
la lingua urente". Varie ricerche hanno cercato di spiegare il problema
ne della lingua o con la risposta delle mucose alterata. Tutto è spesso
invece riconducibile ad una de-
sfregata
glutizione scorretta duranie la quale la superficie linguale viene ad essere costantemente
disepitelizzaziont più o me-
óontro le cuspidi degli elementi dentali dei settori laterali. Ciò provoca
basta (ad eccezione di po-
no evidenti ed ipersensibilità dei recettori stimolati. Anche in questo caso
linguale) rieducare la de-
chissimi casi da iperalgesia dei nervi interessati alla sensibilità generale
glutizione per ottenere la scomparsa dei sintomi'
caratteftzzata da dise-
collegata patogeneticu-"rrt" alla lingua urente è la "lingua geografica",
pitelizzazione più o meno diffusa di alcune zone linguali.
109
Manuale pratico di Terapia Miofunzíonale
In passato si è voluto cercare nella mancaîza di vitamine la causa del problema, anche in que-
sto caso si tratta invece di sfregamento, a volte operato sulla lingua da residui radicolari di denti de-
cidui cariati su un tessuto linguale a volte già predisposto, per motivi allergici o costituzionali alla
disepitelizz azione.
Ma molte altre patologie ci vedono coinvolti nel trattamento. Moltissimi sono ipazienti che ar-
rivano al nostro studio per varie problematiche e che riferiscono di soffrire frequentemente di cefa-
lea. La quasi totalità già dopo i primi appuntamenti riferisce miglioramenti della sintomatologia, che
diventano sempre più evidenti e completi con il procedere della terapia.
Anche tante problematiche di tipo posturale, dolori articolari e muscolari spesso rispondono be-
nissimo alla terapia impostata per risolvere patologie di altri settori. Proprio pochi giorni fa ci è ca-
pitata una paziente che già in lista per un intervento al ginocchio, una volta praticatala mioterapia
per poter meglio condurre un trattamento orlodontico, non ha più avvertito la necessità di operarsi
essendo scomparsi tutti i dolori.
Ma interessante è lo studio che stiamo portando avanti sulle variazioni ormonali determinate
dalla rieducazione miofunzionale. Sempre più sono le donne che durante la terapia vedono scompa-
rire le problematiche riguardanti i propri cicli mestruali prima presenti e che spesso non hanno tro-
vato soluzione con terapie specifiche. A breve sarà pronta una ricerca condotta con endocrinologi di
fama internazionale che potrà dare una spiegazione accettabile da tutti circa tali miglioramenti.
Un altro settore che beneficia quasi immancabilmente della rieducazione miofunzionale è quel-
lo degli acufeni e della diminuzione dell'udito di origine periferica.
Il meccanismo patogenetico è probabilmente il medesimo: la variazione di pressione nell'orec-
chio causata dalla deglutizione scorretta. Ueccesso di pressione determinerebbe nelf infanzia accu-
mulo di muco non drenato verso il faringe, diminuzione de1la vibrabilità del timpano, fino alla per-
forazione timpanica; nell'adulto prevarrebbe I'effetto compressivo sulla membrana della chiocciola
con messa in vibrazione del liquido all'interno di essa e stimolazione delle cellule del Corti che pos-
sono interpretare come suoni queste onde di pressione determinate dalla deglutizione scorretta.
Ci è stato anche possibile fare una distinzione tra acufeni causati dalla cattiva circolazione con-
nessa con postura alterata della mandibola, che richiedono circa quattro mesi per la scomparsa, e
quelli determinati soltanto dalla deglutizione alterata che, in pazienti non eccessivamente anziam, ri-
chiedono tempi variabili intorno ai due mesi. Forse su queste basi si dovrà rivedere anche il concet-
to di otosclerosi della vecchia otorino.
I confini del nostro intervento nell'ultimo periodo si stanno vieppiù ampliando con gli studi che
artivano dall'Università di Tokio e che mettono in risalto come una malposizione mandibolare (pro-
babilmente conseguente o compagna di una deglutizione scorretta) può dare luogo ad una minor per-
fusione cerebrale documentata attraverso il Doppler carotideo. Ulteriori studi in corso in Italia stan-
no porlando a valutare come postura linguale e mandibolare scorrette siano anche in relazione con
variaziom delle capacità di apprendimento. Se gli studi successivi confermeranno tutto questo la
Mioterapia acquisterà ancora maggiore rilievo, portando ad esaltare ancora di più la importanza del-
la funzione linguale come regolatore deile nostre funzioni non solo motorie, ma anche intellettuali
superiori.
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lsBN 978-BB-88607 -06-4
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